L’ultima volta, al suo posto, c’era l’esperta Angela Merkel, la pandemia da Coronavirus era tema per film di fantascienza, la guerra in Europa era sui libri di storia ed una per Taiwan un’opzione remota. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz atterrerà questa notte a Pechino per incontrare il presidente cinese Xi Jinping, fresco di re-incoronazione ai vertici del partito-Stato con un Politburo rinnovato a sua immagine e somiglianza e una narrazione sempre più “imperiale”. La sua Cina non ha mai preso le distanze dalla Russia dal lancio dell’aggressione all’Ucraina, lascia intendere di essere pronta a lanciare un blitz militare a Taiwan quando lo riterrà opportuno, e resta nel mirino delle associazioni a difesa dei diritti umani per la detenzione di massa della minoranza uigura. Quanto basta per rendere tempi e modi del viaggio di Scholz oggetto di polemiche e perplessità ad ogni livello: interno, europeo ed internazionale.
Nel mirino
Fin dall’avvio del suo mandato, nel dicembre 2021, Scholz si è fatto notare soprattutto per la sua timidezza – personale e politica. La proverbiale riluttanza tedesca a prendere la leadership sui grandi dossier europei si è così se possibile accentuata. Ad aggravare la tendenza è arrivata poi la guerra in Ucraina, con le sue pesantissime conseguenze economico-energetiche per gli Stati europei, che hanno messo a dura prova la tenuta del sistema di rifornimenti tedesco. Ma la titubanza di Scholz a impegnarsi per dare risposte comuni all’emergenza continentale ha indispettito sempre più nel corso degli ultimi mesi i partner europei. La goccia che ha fatto traboccare il vaso del nervosismo in molte capitali – e negli stessi palazzi delle istituzioni Ue – è stata ad ottobre la scelta del governo tedesco di varare uno scudo nazionale da 200 miliardi per contenere le bollette. La scelta di tempi e modi del viaggio cinese s’inserisce in questo quadro. L’Eliseo ha reso noto che il presidente francese Emmanuel Macron aveva segnalato per tempo a Berlino l’opportunità di un viaggio di carattere chiaramente “europeo”, idealmente franco-tedesco, così come quella di non effettuare la visita subito dopo il Congresso del Pcc che ha ridisegnato il potere cinese a misura di Xi. Scholz avrebbe fatto orecchie da mercante su entrambe le richieste. A Pechino arriva ora, e accompagnato non da altri leader europei, ma dagli amministratori delegati di alcune tra le più importanti aziende tedesche. Obiettivo chiaro, e in linea col tradizionale approccio tedesco, mettere al centro della relazione fruttuosi scambi commerciali.
Ma il mondo là fuori, dall’ultimo viaggio tre anni fa di Angela Merkel, è cambiato – e a farlo notare a Scholz sono stati nelle ultime settimane all’unisono partner interni ed esterni: da Annalena Baerbock, leader dei Verdi e ministra degli Esteri, che ha ricordato al suo superiore che è necessario «inquadrare la Cina come un competitor e sempre più un rivale sistemico», allo stesso presidente francese Emmanuel Macron, che sull’onda delle incomprensioni ricordate ha fatto cancellare, due settimane fa, un vertice franco-tedesco, sino all’amministrazione Usa, che nelle scorse settimane – secondo Reuters – avrebbe apertamente messo in guardia Berlino sul pericolo di cedere alla Cina il controllo di asset strategici. A far salire il livello di tensione, tra i governi occidentali e dentro lo stesso esecutivo tedesco, è stata infatti la decisione della Germania di concedere al gigante della logistica navale cinese Cosco una quota di rilievo di uno dei tre terminal del porto di Amburgo, uno degli hub marittimi più importanti d’Europa. Per rispondere, o sottrarsi, alle perplessità dei suoi alleati Verdi e Liberali e alle critiche di mezzo mondo, Scholz ha scelto dopo lunga riflessione di avallare l’accordo, ma concedendo a Cisco una quota azionaria del 24,9%, anziché del 35% come inizialmente ipotizzato, limitata alla «partecipazione finanziaria semplice» nel capitale del gestore del terminal.
Difesa d’ufficio
Consapevole dei molti punti d’attrito accumulati, Scholz ha mosso una pedina diplomatica prima di imbarcarsi per Pechino. Alla vigilia della missione, ha pubblicato una lunga lettera sul quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung e su quello anglofono Politico per spiegare le ragioni del suo viaggio e rassicurare sulla sua linea. Nell’articolo, Scholz riconosce che la Cina ed il mondo sono cambiati radicalmente negli ultimi tre anni, ma proprio per questo difende la sua scelta di impegnarsi per il confronto e la distensione internazionali. Quanto al tema scottante della difesa degli asset cruciali e dell'”autonomia strategica” cara all’Ue, Scholz rassicura che la gran parte degli scambi commerciali tra Cina e Germania riguarda prodotti «dove non c’è né carenza di fornitori alternativi, né rischio di pericolosi monopoli». Il Cancelliere ricorda anche ad alleati e osservatori che il rispetto delle libertà politiche e dei diritti delle minoranze (leggi Uiguri) resta un punto di riferimento cruciale per la Germania. E da ultimo, garantisce che pur sbarcando a Pechino alla guida di una missione puramente tedesca parlerà con Xi non soltanto come cancelliere federale tedesco, ma anche «da europeo». Basterà?
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