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Karibu e Consorzio Aid: cosa c’è nell’indagine sulle due coop della famiglia di Aboubakar Soumahoro

18 Novembre 2022 - 05:40 Redazione
indagine coop aboubakar soumahoro karibu consorzio aid
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L'inchiesta dopo la segnalazione del sindacato Ultucs. Iscrizione a modello 45, senza indagati o ipotesi di reato

Le due cooperative Karibu e Consorzio Aid sono sotto i fari della procura di Latina. L’indagine per il momento è a modello 45. Ovvero senza indagati e senza ipotesi di reato. Le due organizzazioni vedono tra i soci e gli amministratori, tra gli altri, la moglie (Liliane Murekatete) e la suocera (Marie Thérèse Mukamitsindo) del deputato di Sinistra Italiana Aboubakar Soumahoro. L’inchiesta è stata aperta in seguito alle segnalazioni arrivate da Gianfranco Cartisano, sindacalista responsabile della Uiltucs di Latina. Che riguardano presunte irregolarità nei pagamenti degli stipendi di 26 persone. Ma anche le condizioni di lavoro di alcuni soci o lavoratori. Al momento non ci sono iscritti nel registro degli indagati. E le due coop hanno fatto sapere che non pagavano i dipendenti perché non ricevevano il denaro di un appalto. Che doveva arrivare dalla prefettura di Latina, dalla Regione Lazio e da due comuni come Latina e Roccagorga.

Il sindacato Uiltucs e Gianfranco Cartisano

La Stampa racconta oggi che un primo filone di indagini risale a un anno fa. Gli inquirenti procedono per il reato di truffa con l’ausilio della Guardia di Finanza. Un secondo fascicolo è stato invece aperto di recente. Il reato ipotizzato per ora è quello di distruzione e occultamento di materiale contabile. I carabinieri hanno recuperato otto sacchi della spazzatura pieni di documenti. A queste si somma la segnalazione che riguarda alcuni cittadini extracomunitari minorenni al sindacato. E che denuncia condizioni di vita precarie, maltrattamenti e collocazioni in case per minori senza acqua e luce. Cartisano spiega oggi al il Fatto Quotidiano che le segnalazioni di Uiltucs partono da debiti retributivi e contributivi per circa 400 mila euro, accertati dall’Ispettorato del lavoro di Latina. «In quella sede alcune settimane fa le due coop avevano sottoscritto accordi di rientro per regolarizzare le posizioni di 26 lavoratori che avevano accumulato ritardi nell’incasso della retribuzione per periodi tra 10 e 22 mesi», spiega il sindacalista. «I dipendenti delle due cooperative lavorano come mediatori linguistici e sanitari per l’accoglienza e l’integrazione dei migranti. Oltre che in progetti contro il caporalato e lo sfruttamento organizzati dal Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), da Regione Lazio e dall’ente Lazio Crea. Ma i piani di rientro non sono stati rispettati. Nei giorni scorsi abbiamo chiesto al Prefetto di Latina, Maurizio Falco, la sostituzione dei pagamenti, trasferendo il dovuto dalle casse degli enti appaltanti non alle coop ma direttamente ai dipendenti», conclude.

L’indagine di Latina

Martedì la prefettura ha pagato 4 lavoratori al posto della cooperativa debitrice. Lo ha potuto fare grazie all’articolo 30 comma 6 del Codice degli appalti. Che prevede il pagamento sostitutivo. I quattro hanno ottenuto nel complesso 48 mila euro. La prefettura ha anche sollecitato i pagamenti dei comuni di Latina e Roccagorga. Dall’accordo rimangono fuori altri 22 braccianti che devono ottenere 360 mila euro. «Il nostro obiettivo è che tutti vengano risarciti – dice Cartisano a La Stampa -. Speriamo di poter attuare il pagamento sostitutivo anche con altri Enti. Abbiamo interesse a dare dignità ai lavoratori che si sono dovuti licenziare per giusta causa perché da oltre un anno non venivano retribuiti». Dalle parti della coop fanno sapere che per i ritardi nei pagamenti c’è stato anche un problema con la sostituzione di un commercialista. Intanto, fa sapere il Fatto, i bilanci della Karibu a fine 2021 vedevano debiti totali per 2,26 milioni di euro, di cui 1,05 per tributi, 107 mila euro nei confronti dell’Inps, 63 mila verso soci e altri debiti per 375 mila euro. Il costo del personale era pari a 866 mila euro. Gli incassi erano azzerati rispetto ai 2,5 milioni del 2020. Con una perdita di 176 mila euro. Il Consorzio Aid invece a fronte di ricavi per 716 mila euro e una perdita di 65 mila aveva debiti totali per 260 mila euro. La presidente Aline Mutesi si è ridotta lo stipendio a 4 mila lordi mensili da 4.400.

Le denunce dei minorenni

Sotto accusa c’è anche la gestione delle case per i minori. Qui, secondo Cartisano, è probabile che la mancata erogazione dell’acqua e della corrente elettrica dipendessero dal fatto che le cooperative non pagassero la bolletta. «Ho vissuto in quella casa 8 mesi e ci sono stati molti problemi. L’elettricità e l’acqua sono state tagliate per molto tempo. Non c’è cibo né vestiti. Noi compravamo cibo da fuori nonostante le circostanze, grazie a Dio. Stavamo lavorando e poi ci hanno spostato in un posto a Napoli peggiore del primo e tutti quelli che lavorano qui sono razzisti», ha raccontato un testimone maggiorenne. Un 16enne ha detto anche altro: «Vivo in una casa di profughi da 8 mesi. Non ci hanno dato soldi o vestiti. Stavamo lavorando fuori per comprare i vestiti e mangiare anche perché il cibo non era buono, non c’era acqua né elettricità. Dopo tutto questo hanno chiuso a chiave questa casa perché non c’erano soldi».

La risposta di Soumahoro

Ieri Aboubakar Soumahoro ha pubblicato un post sui social network sulla vicenda: «Non c’entro niente con tutto questo e non sono né indagato né coinvolto in nessuna indagine dell’arma dei carabinieri, di cui ho sempre avuto e avrò fiducia». E ancora: «Non consentirò a nessuno di infangare la mia integrità morale. Per questo, dico a chi pensa di fermarmi, attraverso l’arma della diffamazione e del fango mediatico, di mettersi l’anima in pace. E a chi ha deciso, per interessi a me ignoti, di attaccarmi, dico: ci vediamo in tribunale!». Soumahoro ha fatto sapere aver incaricato i suoi avvocati di «perseguire penalmente chiunque infanga il mio nome o la mia immagine, mi diffama o getta ombra sulla mia reputazione. Nessuno mi fermerà e nessuno ci fermerà. Il nostro cammino di speranza e di una politica al servizio del NOI non si fermerà né si farà intimidire. Siamo un’umanità che ha deciso di dare una rappresentanza politica a chi ha sete di diritti e dignità. Io sarò al servizio di questa nobile e alta missione».

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