Alta tensione tra Serbia e Kosovo, colpita anche la missione Ue. Belgrado convoca il Consiglio per la sicurezza nazionale

Non si fermano proteste e barricate nel nord del Kosovo dopo l’arresto di un ex agente serbo. La premier: «Sono l’unico modo per farci sentire»

Sale di ora in ora la tensione tra Kosovo e Serbia, dopo l’arresto di un ex poliziotto serbo avvenuta ieri, sabato 10 dicembre, che fa temere all’Ue e all’Onu una nuova escalation, a più di vent’anni dalla fine dell’ultimo conflitto nei Balcani. Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha convocato una riunione di emergenza del Consiglio per la sicurezza nazionale, prevista per questa sera alle 19. Nella giornata di domenica sono andate avanti le proteste dei cittadini serbi che vivono nel nord del Kosovo, con barricate e blocchi stradali, cominciate dopo l’arresto di un ex agente serbo della polizia kosovara. L’uomo si era dimesso nelle scorse settimane, insieme ad altri rappresentanti serbi che hanno abbandonato i loro incarichi, dopo esser stato accusato di essere coinvolto in reati di terrorismo e di attentato all’ordine costituzionale per l’assalto agli uffici della locale commissione elettorale e di attacchi a funzionari della polizia kosovara. L’arresto dell’ex poliziotto è stato condannato con forza dalla dirigenza di Belgrado mentre Petar Petkovic, capo dell’Ufficio governativo serbo per il Kosovo, ha parlato di una «brutale rappresaglia e intimidazione», accusando direttamente il premier kosovaro Albin Kurti «inventore di accuse inesistenti a carico di coloro che hanno deciso di abbandonare le istituzioni kosovare».


L’episodio dell’arresto non ha fatto che alimentare la tensione interetnica tornata a fior di pelle da diversi giorni nella zona nord del Kosovo, dopo l’invio nei giorni scorsi da parte del governo di Pristina di centinaia di agenti della polizia speciale kosovara, motivato con la necessità di garantire l’ordine pubblico e la sicurezza dei residenti a seguito di vari incidenti interetnici registratisi negli ultimi tempi. La popolazione serba non vede di buon occhio la presenza di forze dell’ordine kosovare, considerate come elemento ostile e un mezzo della dirigenza di Pristina per reprimere l’autonomia dei serbi locali, che non accettano la sovranità di Pristina. Per questo il presidente serbo Aleksandar Vucic, in un discorso in diretta tv, è tornato a puntare il dito contro il premier kosovaro Albin Kurti e la sua politica antiserba, annunciando l’intenzione di Belgrado di inviare in Kosovo un contingente di forze di sicurezza serbe a difesa della locale popolazione serba.


Colpita la missione europea Eulex

Dal momento dell’arresto dell’ex agente serbo, la parte nord del Kosovo è stata presa d’assalto da una protesta che ora non accenna a fermarsi. Due esplosioni sono state udite oggi a Zvecan, mentre una sparatoria protrattasi per una decina di minuti è avvenuta nei pressi di Zubin Potok. Si tratta di due dei quattro maggiori comuni kosovari a maggioranza serba. La notte scorsa è stato anche lanciato un ordigno contro una pattuglia di Eulex, la missione civile europea in Kosovo, il cui personale di polizia è coinvolto nell’opera di controllo e sorveglianza, insieme alle truppe della Kfor, le forze della Nato. In un comunicato, la stessa Eulex condanna fermamente l’attentato, avvenuto nei pressi della località di Rudar, che pure non ha provocato danni a persone o cose. Nel frattempo i disagi crescono anche ai confini: restano chiusi sia alle auto che ai pedoni i due principali valichi di Jarinje e Brnjak, alla frontiera con la Serbia, mentre sono impercorribili numerose e importanti vie di comunicazione nel nord del Kosovo, a causa dei blocchi stradali attuati dai serbi con veicoli, camion, autobus, ruspe e altri mezzi pesanti.

La dura reazione di Borrell: «Rimuovere le barricate»

«L’Ue non tollererà attacchi a Eulex in Kosovo o l’uso di atti violenti e criminali nel nord», così è intervenuto su Twitter l’alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell. «Le barricate devono essere rimosse immediatamente da gruppi di serbi del Kosovo. La calma deve essere ripristinata», ha continuato il funzionario, «Eulex continuerà a coordinarsi con le autorità del Kosovo e con la Kfor. Tutti gli attori devono evitare l’escalation».

Anche la Nato interviene: «Evitare provocazioni. Le nostre forze rimarranno in Kosovo»

Ad esprimere preoccupazione per la crisi Serbia-Kosovo è anche la portavoce della Nato Oana Lungescu. «Ci uniamo agli Alleati Nato e all’Ue nel condannare fermamente l’attacco con granate stordenti contro una pattuglia di ricognizione di Eulex Kosovo la scorsa notte. Tali attacchi sono inaccettabili e i responsabili devono essere chiamati a risponderne», ha detto in un tweet. «La nostra missione Kfor rimane estremamente vigile e pienamente in grado di svolgere il suo mandato Onu in Kosovo», ha continuato, «chiediamo a tutte le parti di evitare azioni e retorica provocatorie e di contribuire alla calma e alla stabilità».

La riposta della premier serba: «Barricate unico modo per farci sentire»

A parlare di quanto sta accadendo è la stessa premier serba Ana Brnabic che interviene in risposta all’invito Ue di porre fine alle proteste: «Bruxelles e i Paesi del Quint, Usa, Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia devono provare a capire il perché di tali proteste. E’ interessante vedere come da parte loro non vi siano così tanti appelli e interventi su arresti illegali di serbi o sulla violazione degli accordi di Bruxelles con la polizia kosovara che fa irruzione in Comuni a maggioranza serba nel nord pesantemente armati», ha detto Brnabic. «Gli attacchi ai serbi sono aumentati del 50% da quando Albin Kurti è arrivato alla guida del governo in Kosovo. Le persone sulle barricate manifestano la loro protesta, e lo fanno pacificamente. Per loro questo è l’unico modo per essere ascoltati, purtroppo sulle barricate», ha spiegato ancora la premier.

Il discorso è andato avanti sulla scelta di agire con barricate e proteste: «Le barricate non dimostrano solo il loro malcontento e insoddisfazione, ma proteggono anche l’accordo di Bruxelles, che voi avete firmato e la cui attuazione dovrebbe essere garantita dalla Ue. Sono un appello alla pace e insieme un appello alla comunità internazionale ad agire e a cominciare a fare il suo lavoro». La premier ha ribadito le pesanti accuse a Kurti per il suo disprezzo di ogni accordo e del diritto internazionale. «Questi sono i valori di Kurti, l’accordo di Bruxelles non esiste. L’accordo di Washington non è valido. La risoluzione 1244 del consiglio di sicurezza dell’Onu è una minaccia militare a Pristina. I diritti umani e lo stato di diritto equivalgono a vietare il voto ai serbi, a sequestrare le loro proprietà e a minacciare ogni giorno con la forza bruta». A confermare la posizione del governo serbo anche il primo vicepremier e ministro degli esteri Ivica Dacic che ha rinnovato l’impegno del Paese per la pace e la stabilità, sottolineando allo stesso tempo l’intenzione di non rinunciare alla difesa della popolazione serba in Kosovo. L’accusa anche in questo caso è stata diretta al premier kosovaro Kurti, accusato da Dacic, di essere «regolarmente il responsabile delle crisi periodiche in Kosovo con la sua politica incendiaria e ostile alla popolazione serba».

Leggi anche: