Comunità energetiche, entro fine anno il decreto per sbloccarle. E a Basiglio (Mi) sorgerà la più grande d’Italia – L’inchiesta

A oggi sono circa un centinaio i comuni italiani che ospitano una Cer (Comunità energetica rinnovabile) ma il decreto annunciato dal ministro Pichetto Fratin darà il via al modello. Secondo un report di Enea, entro il 2050 saranno almeno 260 milioni gli europei che ne faranno parte

A prima vista, le strade di Basiglio sembrano quelle di un qualsiasi altro paese dell’hinterland di Milano. Eppure, in questo piccolo comune di appena 8 mila abitanti, c’è qualcosa di diverso. Per capire di cosa si tratta basta alzare lo sguardo: i tetti della scuola, del municipio, del palazzetto dello sport e di tante abitazioni private sono interamente ricoperti di pannelli solari. Qui a breve nascerà una comunità energetica. E non una qualsiasi: la prima nella città metropolitana di Milano e, con ogni probabilità, la più grande d’Italia. Ad oggi sono circa un centinaio i comuni italiani che ospitano una CER (Comunità energetica rinnovabile), ma nel giro di pochi anni potrebbero essere molti di più. Secondo un report di Enea, entro il 2050 saranno almeno 260 milioni gli europei che faranno parte di una comunità energetica. Un sistema che ha origine da un concetto tanto semplice quanto rivoluzionario: la condivisione di energia. Una CER, infatti, non è altro che un insieme di persone che decidono di produrre, consumare e condividere energia elettrica proveniente da impianti di fonti rinnovabili e a basso costo. Un modello virtuoso, che se da un lato fa bene all’ambiente, dall’altro permette anche di risparmiare soldi in bolletta.


A dimostrarlo è proprio l’esperienza di Basiglio: «Grazie ai pannelli solari, abbiamo ridotto già del 25% il costo delle utenze comunali, con un risparmio annuale di circa 200 mila euro. Una volta installati anche i nuovi impianti e attivata la comunità energetica, le nostre bollette si azzereranno completamente», spiega la sindaca Lidia Reale. I problemi però non mancano. A oggi le regole per attivare una comunità energetica sono ancora incerte e i passaggi burocratici lunghi e complessi. Secondo Legambiente, su 100 comunità energetiche mappate a giugno 2022, soltanto 16 sono riuscite a completare l’iter di attivazione. Dopo mesi di proteste da parte di associazioni e amministratori locali, finalmente è arrivata una svolta. A metà novembre, il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha annunciato di essere al lavoro su un decreto «sblocca comunità energetiche». Associazioni di categoria e altri soggetti interessati hanno tempo fino a domani – lunedì 12 dicembre – per inviare proposte e suggerimenti al governo. A quel punto, si tratterà soltanto di definire gli ultimi dettagli e – assicurano dal ministero – il decreto sarà pubblicato «entro la fine dell’anno».


Quando la transizione ecologica conviene

«Lavoro da diversi anni in questo campo e raramente mi è capitato di imbattermi in un tema che genera così tanto interesse come le comunità energetiche», racconta Gianluca Ruggieri, ricercatore all’Università dell’Insubria e «attivista energetico». Insieme ad altri soci, Ruggieri ha anche dato vita a èNostra, la prima cooperativa energetica in Italia – senza scopo di lucro – che produce e mette in rete solo energia prodotta da fonti rinnovabili. «Ricevo continuamente richieste da parte di cittadini e comuni che vogliono una consulenza su come costituire una comunità energetica. C’è davvero moltissimo interesse», aggiunge il ricercatore. Uno degli aspetti più interessanti delle Cer, infatti, è l’accessibilità. Chiunque può decidere di aderire a una comunità energetica: enti locali, piccole e medie imprese, associazioni e semplici cittadini. Il modello offerto dalle CER presenta tre grandi vantaggi. Il primo è ambientale, perché accelera la transizione energetica verso fonti di energia rinnovabili, in genere fotovoltaico ed eolico. Il secondo è economico: grazie all’autoproduzione locale di energia, chi aderisce a una comunità energetica riesce a tagliare i costi in bolletta ed è meno soggetto alle fluttuazioni di mercato. Un modello che, secondo alcuni, potrebbe rappresentare una soluzione strutturale e di lungo periodo al problema del caro-energia. Infine, il vantaggio sociale: i Comuni e gli enti pubblici che danno vita a una comunità energetica possono usare i soldi risparmiati in bolletta per aiutare le famiglie a basso reddito. E forse è per tutti questi motivi che, pur avendo idee molto diverse su come portare avanti la transizione ecologica, tutti i partiti sembrano essere d’accordo nel promuovere il modello delle comunità energetiche. «Si tratta di un tema trasversale all’appartenenza politica», conferma Ruggieri. «C’è chi sposa questi progetti per gli aspetti ambientali, chi per quelli economici, chi per l’approccio locale e territoriale. Questo fa sì che ci sia una sostanziale concordia fra tutti i partiti», precisa il ricercatore.

Nuovi soldi e nuove regole (ma non per tutti)

L’obiettivo del decreto a cui è al lavoro il ministro Pichetto Fratin è ambizioso: raggiungere una potenza complessiva di 5 gigawatt nei prossimi cinque anni (2023-2027). Per farlo, il governo propone due strade. La prima, come si legge nel documento, è la «massima semplificazione» dell’iter burocratico e autorizzativo, che dovrebbe permettere di accedere agli incentivi anche senza la presentazione preliminare di progetti. A valutare le singole richieste sarà il Gse – il Gestore dei Servizi Energetici – che dovrà esprimere il suo parere entro 90 giorni dalla presentazione della richiesta. Il secondo punto fondamentale sono proprio gli incentivi, grazie ai 2,2 miliardi di euro previsti dal Pnrr. Attualmente, le comunità energetiche ricevono un contributo di 100 euro per ogni megawattora di energia elettrica prodotta e consumata in tempo reale. Il nuovo decreto conferma queste tariffe e le corregge al rialzo per le regioni del centro e del nord, tenendo conto dei «diversi livelli di insolazione». Tra le novità previste, c’è anche un allargamento della potenza massima degli impianti che possono aderire a una CER: si passa dagli attuali 200kW a 1000kW. In base alle nuove linee guida sugli aiuti di Stato, però, questi parametri rischiano di valere solo per gli impianti di nuova costruzione. Ed è proprio questo uno degli elementi che hanno fatto storcere il naso durante la fase di consultazione pubblica del decreto. Secondo gli amministratori locali e le associazioni di categoria, infatti, le nuove regole rischiano di penalizzare chi ha già iniziato i lavori.

La storia di Basiglio: «Saremo la CER più grande d’Italia»

In attesa che il nuovo quadro normativo divenga realtà, c’è chi è già all’opera per dare vita alla propria comunità energetica. È il caso di Basiglio, dove sorgerà la prima CER della città metropolitana di Milano. «Già da qualche anno abbiamo iniziato a investire nell’efficientamento energetico, installando pannelli fotovoltaici sulla mensa, sul municipio, sul palazzetto dello sport e sulla tettoia di un parcheggio. In totale si tratta di 250kW», spiega Lidia Reale, sindaca di Basiglio. A inizio anno, il comune ha deciso di allargare questo percorso anche a cittadini, associazioni e imprese del territorio, aprendo alle richieste di adesione per costituire a tutti gli effetti una comunità energetica. «C’è molto interesse e molta voglia di far parte di un progetto virtuoso. In pochi mesi abbiamo ricevuto già un centinaio di richieste», aggiunge l’assessore alla Smart city Marco Vicamini. La somma dei singoli impianti che aderiranno al progetto ha raggiunto dimensioni invidiabili. Secondo le stime del comune, «la dimensione complessiva sarà superiore a 3 megawatt. Questo ci renderebbe la comunità energetica più grande d’Italia».

A convincere tanti cittadini e imprese ad aderire al progetto non sono solo i vantaggi ambientali, ma anche i risparmi economici. Da quando il comune ha iniziato a installare pannelli solari, le bollette degli edifici pubblici sono scese del 25% e nei prossimi anni potrebbero essere completamente azzerate. «Una volta che tutti gli impianti saranno a regime, credo che avremo addirittura un extraprofitto da condividere con gli altri membri della comunità energetica», precisa Vicamini. Produrre e consumare la propria energia elettrica, infatti, permette di svincolarsi dal prezzo di mercato. Non solo: l’energia prodotta e non consumata in tempo reale può essere immessa in rete. Così facendo, il comune e gli altri membri della comunità energetica non solo spendono meno in bolletta, ma ricevono anche un contributo economico. «In questo modo abbiamo più fondi da destinare al sostegno delle famiglie a basso reddito e a nuovi servizi in città», chiarisce la sindaca di Basiglio. «Non abbiamo ancora stabilito come utilizzeremo quei fondi, ma un’idea è di investire in nuove strutture sociosanitarie o rispondere alla crescente domanda di servizi per la salute mentale».

Foto di copertina: ANSA / CLAUDIO PERI | Un sit-in al ministero dell’Ambiente per chiedere al governo di sbloccare le comunità energetiche (Roma, 14 novembre 2022)

Leggi anche: