La faida per lo spaccio, il racket delle case popolari e un debito per droga: cosa c’è dietro il sequestro-lampo del 20enne Danilo Valeri

Il giovane è stato prelevato con la forza nella notte del 23 dicembre da un commando di sette persone che hanno fatto irruzione nel ristorante di sushi “Moku” a Ponte Milvio

Rapito intorno alle due di notte del 23 dicembre scorso davanti al ristorante di sushi di Tor di Quinto Moku, dove era andato a mangiare con gli amici, Danilo Valeri è stato poi liberato qualche ora dopo. Lasciando agli investigatori un puzzle ancora difficile da ricostruire. Le indagini sul commando di sette persone che con il volto coperto dalla mascherina ha fatto irruzione nel locale, accerchiando e portando con via con la forza il 20enne su una Peugeot 208 fuggita via a tutta velocità, continuano soprattutto con l’aiuto dei testimoni oculari. «Sono fuggiti su due auto, una Peugeot e una Punto. Erano in sette. Cinque probabilmente nordafricani, altri due sudamericani, cileni o colombiani», ha raccontato Oscar Benedetti, uno dei due buttafuori che quella notte lavoravano nel locale e che ha tentato di sventare il sequestro.


La ricostruzione

Alla guida della Peugeot 208 su cui Danilo Valeri è stato costretto a salire, infilato a forza sui sedili posteriori, «c’era uno dei latinos, con la tuta e lo smanicato. Aveva anche lui la mascherina e lo zuccotto in testa, era smilzo e bassetto». Sia Oscar che Matteo, un cameriere che l’altra sera serviva all’interno in sala, hanno bene in mente quel «ragazzo di colore con le treccine rasta» che prima aveva tentato di entrare nel locale. Ma era stato respinto perché «erano le due meno un quarto e stavamo per chiudere, e inoltre non aveva nemmeno prenotato», e che poi approfittando di una distrazione della security era riuscito a infilarsi dentro alla ricerca della preda. Ma l’ombra più urgente su cui fare luce sono le ragioni che hanno spinto il commando a rapirlo.


«Ce deve da’ i sordi»

«A zi’, levate, fatte i ca**i tua che questo ce deve da’ i sordi». Questa una delle frasi che sarebbero state pronunciate da uno dei sequestratori nei confronti del buttafuori del locale. Una questione di soldi dunque che assume i contorni di una guerra tra clan quando gli inquirenti chiariscono l’identità del rapito. Danilo Valeri è il figlio di Maurizio detto “il sorcio“, gambizzato nel maggio 2022. Secondo gli inquirenti a causa di una ritorsione nell’ambito dello spaccio di droga del quartiere periferico di Roma, San Basilio.

Il precedente

Mentre il sequestro di Valeri ha riportato la memoria degli inquirenti nel 2013, quando gli uomini del clan calabrese Marando avevano rapito allo stesso identico mondo il figlio di un esponente della cosca rivale. Proprio come Danilo Valeri, il ragazzo fu rilasciato dai sequestratori alcune ore dopo e agli inquirenti non aveva raccontato nulla. Gli arresti scattarono due anni dopo. Anche in questo caso Valeri si è presentato insieme alla madre in Questura alle 4 del pomeriggio. Interrogato fino a sera dal pm Mario Palazzi, non ha fornito alcun elemento utile, mostrandosi poco collaborativo.

La faida per le aree di spaccio a San Basilio

Nonostante il silenzio che aleggia sul sequestro, gli inquirenti vanno avanti a capire quale obiettivo volesse raggiungere quello che sembra essere stato una mossa di avvertimento: tra le ipotesi più accreditate quella della spartizione delle aree di spaccio a San Basilio, dove proprio il clan Marando è operativo e dove anni fa fu arrestato Maurizio Valeri, il padre del 20 enne rilasciato. L’altra possibilità è quella di un debito da saldare, confermata dalla frase sui soldi sentita pronunciare dal buttafuori. Nel caso del 2013 i Marando avevano deciso di rapire il ragazzo perché la cosca dei Coluccio aveva investito nella costa jonica anche i capitali illeciti del clan ma i profitti non erano stati restituiti.

Il racket delle case popolari

Quello che è chiaro è che Danilo Valeri non sia stato il reale destinatario dell’avvertimento. Il messaggio è per il padre Maurizio, già vittima di un agguato mesi fa quando qualcuno gli sparò alle gambe. Anche in quel caso il silenzio della vittima complicò non poco le cose agli investigatori, che tentarono invano di capire di più dal 47enne. Ora l’avvertimento tramite il figlio: per gli inquirenti al centro della disputa ci sarebbero almeno due piazze di spaccio a San Basilio riconducibili a Maurizio Valeri. Nel quartiere nord-orientale della capitale i clan hanno messo su una fiorente attività illegale h24. Ma non solo. Lì i Valeri avrebbero anche interessi nel racket delle case popolari.

I debiti per droga e i piedi pestati a qualche boss

Riguardo alla questione del debito, tra le ipotesi investigative non ancora confermate è che la famiglia di Danilo avesse accumulato debiti per droga. Magari pestando i piedi a qualche boss di rango. Intanto la procura di Roma ha aperto un fascicolo di inchiesta sulla vicenda per sequestro di persona a scopo di estorsione. Ed è proprio la piaga delle estorsioni a risultare in continua crescita nella capitale. La relazione delle procure del distretto di Roma a inizio 2022, quando i fascicoli aperti nell’anno precedente e iscritti a “noti” risultavano essere ben 111, 48 a ‘ignoti’. In netto aumento ogni anno dal 2011 quando erano 67 i fascicoli con indagati e 22 quelli senza alcuna iscrizione. Gli episodi mai denunciati sono molti di più. Ma la grande difficoltà è quella di far parlare le vittime che, molto spesso, preferiscono non esporsi per evitare ripercussioni, soprattutto nel caso della criminalità organizzata.

I Marando: «Non c’entriamo nulla»

Il clan al momento più sospettato intanto si sarebbe fatto sentire dal carcere. «Mi ha chiamato il mio assistito dicendo che gli dispiace molto per il ragazzo, lo conosce anche di vista, ma che non c’è nessun bisogno di accostare il loro nome alla vicenda. Anche perché i Marando di San Basilio sono tre. Due sono in carcere e uno ai domiciliari. Stanno già avendo molti problemi e con questa storia non hanno nulla a che vedere». A parlare è stato il legale dei Marando, Alessandro Bavaro, dichiarando la totale estraneità del clan ai fatti accaduti.

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