La benedizione urbi et orbi di Papa Francesco: «Sul mondo soffiano venti gelidi di guerra. Il Signore illumini chi può fermare le armi»

Dall’Ucraina alla Siria, al Libano, allo Yemen, all’Iran e al Myanmar, il Santo Padre ha parlato dei «tanti teatri di questa terza guerra mondiale»

«Si preferisce ascoltare altre ragioni, dettate dalle logiche del mondo. Ma la voce del Bambino, chi l’ascolta?», così Papa Francesco durante la benedizione Urbi er Orbi rivolgendo il suo primo pensiero alla guerra in Ucraina. «Il nostro sguardo si riempia dei volti dei fratelli e delle sorelle ucraini, che vivono questo Natale al buio, al freddo o lontano dalle proprie case, a causa della distruzione causata da dieci mesi di guerra», ha detto Francesco rivolgendo la sua preghiera al cielo, «affinché il Signore illumini le menti di chi ha il potere di far tacere le armi e porre fine subito a questa guerra insensata». Bergoglio ha quindi dedicato un’ampia parte del suo discorso iniziale al conflitto tra Kiev e Mosca, menzionando anche la delicata questione della crisi del grano.


Chi patisce la fame

«Pensiamo alle persone che patiscono la fame, soprattutto bambini, mentre ogni giorno grandi quantità di alimenti vengono sprecate e si spendono risorse per le armi. La guerra in Ucraina ha ulteriormente aggravato la situazione, lasciando intere popolazioni a rischio di carestia, specialmente in Afghanistan e nei Paesi del Corno d’Africa». A questo proposito il Pontefice ha lanciato un appello: «Ogni guerra, lo sappiamo, provoca fame e sfrutta il cibo stesso come arma, impedendone la distribuzione a popolazioni già sofferenti. In questo giorno, imparando dal Principe della pace, impegniamoci tutti, per primi quanti hanno responsabilità politiche, perché il cibo sia solo strumento di pace». E ancora: «Mentre gustiamo la gioia di ritrovarci con i nostri cari, pensiamo alle famiglie che sono più ferite dalla vita, e a quelle che, in questo tempo di crisi economica, fanno fatica a causa della disoccupazione e mancano del necessario per vivere».


«Una carestia di pace nei teatri di questa terza guerra mondiale»

Papa Francesco ha parlato ancora di conflitti, invitando a riflettere su come «il nostro tempo stia vivendo una grave carestia di pace anche in altre regioni, in altri teatri di questa terza guerra mondiale». Uno dei riferimenti è stato alla Siria, «ancora martoriata da un conflitto che è passato in secondo piano ma non è finito», e poi al Libano, «perché possa finalmente risollevarsi, con il sostegno della comunità internazionale». La preoccupazione del Papa è andata anche per la situazione in Sahel, in Yemen e per «le tensioni politiche e sociali nel continente americano, in particolare alla popolazione haitiana che sta soffrendo da tanto tempo». Il ritorno alla pace è stato chiesto dal Santo Padre anche per l’Iran e il Myanmar: «In questi due Paesi ci sia la riconciliazione affinché cessi ogni spargimento di sangue». Infine un auspicio di tregua anche per la Terra Santa, «dove nei mesi scorsi sono aumentate le violenze e gli scontri, con morti e feriti». Bergoglio ha pregato tutti di «implorare il Signore perché là, nella terra che lo ha visto nascere, riprendano il dialogo e la ricerca della fiducia reciproca tra israeliani e palestinesi». Nel giorno di Natale il Pontefice ha quindi pregato affinché «Gesù Bambino sostenga le comunità cristiane che vivono in tutto il Medio Oriente, perché in ciascuno di quei Paesi si possa vivere la bellezza della convivenza fraterna tra persone appartenenti a diverse fedi».

«Mondo malato di indifferenza»

Quello che Bergoglio ha descritto durante la sua benedizione è un mondo «malato di indifferenza, brutta malattia», che «non accoglie Gesù, anzi lo respinge, come accade a molti stranieri», o «lo ignora, come troppo spesso facciamo noi con i poveri». L’invito è ad avere memoria, in questo tempo di festa, di tutti «gli emarginati, delle persone sole, degli orfani e degli anziani, saggezza di un popolo, che rischiano di finire scartati, dei carcerati che guardiamo solo per i loro errori e non come esseri umani». In quanto all’impegno personale il Pontefice si è appellato alla responsabilità di ognuno «di spogliarsi di tutte quelle zavorre che impediscono di trovare una via per la pace» e di rendersi sempre più conto «dei venti di guerra continuano a soffiare gelidi sull’umanità».

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