Dichiarazioni patrimoniali, il caso Michela Di Biase, che della parità di genere ha fatto sia un’attività politica sia una società

La deputata del Partito democratico detiene il 25% di Obiettivo Cinque, srl che si occupa di consulenza per aziende, soprattutto nel campo dell’empowerment femminile

Michela Di Biase ha trasformato in una vera e propria impresa business una delle sue grandi battaglie politiche: quella sulla parità di genere. Come risulta dalla dichiarazione patrimoniale appena depositata alla Camera dei deputati, l’onorevole del Partito democratico, moglie di Dario Franceschini ed ex consigliera regionale del Lazio, possiede il 25% della Obiettivo Cinque srl, società di consulenza per realizzare in azienda quei principi politici a lungo professati. La società è stata fondata nel maggio 2021 insieme a tre altre donne, professioniste in vari campi: Fulvia Astolfi, Stefania Bettoni ed Elena Di Giovanni. Il primo anno sociale si è chiuso con un utile di 5.047 euro, ma la vera attività è iniziata nel 2022: sul sito della società, più aggiornato, sono pubblicizzati i nomi delle multinazionali che si sono avvalse dei servizi di Obiettivo cinque. Difficile pensare che l’entrate non lieviteranno se tra i clienti figurano aziende del calibro di Gucci o del colosso farmaceutico svizzero Novartis. «Obiettivo cinque è una società che abbiamo fondato in quattro donne due anni fa – conferma Di Biase a Open -. Si occupa di parità di genere. Io sono una delle socie e non ho incarichi gestionali».


Il chiacchiericcio da buvette, il pettegolezzo da circolo di partito, le insinuazioni della stampa e persino le accuse dell’influencer più famoso di Italia. C’entrerà anche il nome ingombrante del suo consorte, Franceschini, ma la carriera politica di Michela Di Biase si è mossa spesso sul filo della polemica. Arrivata a 42 anni a ottenere il seggio da deputata, la sua prima elezione è avvenuta nel 2006, con i Democratici di sinistra, nel consiglio del Municipio VII di Roma. Riconfermata due anni più tardi nel medesimo ruolo, ma come capogruppo del neonato Partito democratico, nel 2013 è stata poi eletta nel Consiglio comunale, con circa 4.500 preferenze. Nel 2016, ha iniziato il suo secondo mandato al Campidoglio, salvo poi lasciare lo scranno per la sopraggiunta elezione al Consiglio regionale del Lazio. Il 25 settembre 2022, da capolista nel collegio plurinominale Lazio 1 – 02, è entrata per la prima volta in parlamento. Nel corso della sua attività da rappresentante delle istituzioni, Di Biase si è occupata in più occasioni di tematiche relative alla parità di genere. Lei stessa rivendica le battaglie contro il divario tra uomini e donne, ad esempio, tra i laureati nelle discipline Stem. È la prima firmataria di una legge regionale, approvata lo scorso anno nel Lazio, che stanzia risorse per incoraggiare le ragazze a intraprendere percorsi di studio scientifici.


Ancora, è su suo impulso che il Consiglio regionale del Lazio si è dotato di «linee guida per l’uso del linguaggio di genere». L’uguaglianza tra uomini e donne, per Di Biase, oltre a essere materia politica è anche business. Dalle battaglie nelle istituzioni per l’empowerment femminile, a possedere quote di una società che vende consulenze su come raggiungere la parità di genere in azienda, cambia solo lo scopo: politico o di lucro. Nulla di illecito, sia chiaro. Ma è l’ennesima polemica che potrebbe finire sul curriculum della neo-deputata Di Biase. Nel 2016, a due anni dalle nozze con Franceschini, Di Biase è stata assunta dalla Fondazione Sorgente per occuparsi di relazioni esterne. La fondazione è collegata a una holding omonima che gestisce, tra le altre cose, il patrimonio immobiliare della Siae, Società italiana degli autori ed editori. A quale dicastero compete vigilare sull’operato della Siae? Al ministero per i Beni culturali, guidato da Franceschini già dal 2014. Il cantante e influencer Fedez, che da tempo critica il monopolio della Siae per la gestione del diritto d’autore in Italia, aveva accusato Franceschini di essere in conflitto di interessi per il lavoro svolto da sua moglie, Di Biase, per una fondazione che ha indubbiamente un legame con la società sulla quale l’allora ministro doveva vigilare. A onor del vero, nel corso della diatriba lo stesso Fedez ha ammorbidito le sue accuse. Infine, non è mai stato ravvisato dagli organi inquirenti alcun conflitto di interessi sul caso.

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