«Io tuo nonno? Caro Papa Francesco, hai solo 9 anni meno di me». Ratzinger e il suo sorprendente humor nel libro di Padre Georg

Le frasi che hanno fatto più scalpore sono contenute in un breve capitolo del diario: nelle restanti pagine viene raccontato un Ratzinger diverso dall’immagine pubblica più nota

Quando il 28 settembre 2014, in occasione della Giornata della Terza età, dal sagrato di San Pietro papa Francesco pensò di fare un simpatico saluto a Benedetto XVI raccontando «Io ho detto tante volte che mi piaceva tanto che lui abitasse qui in Vaticano, perché era come avere il nonno saggio a casa!», il diretto interessato non la prese benissimo. Il Papa emerito commentò così davanti al suo segretario padre Georg Gänswein: «Mah, in fondo abbiamo soltanto nove anni di differenza. Forse era più corretto definirmi fratello maggiore…». Commento che il segretario dell’allora papa emerito definisce nelle sue memorie uscite in libreria giovedì 12 gennaio «simpatico». Forse più ironico che ilare, ma è proprio questa una delle sorprese che vengono dal volume di padre Georg.


I due papi Ratzinger

Delle cose rilevanti si è già detto nei giorni scorsi, quando le parti più puntute delle memorie sono state anticipate e hanno fatto scalpore, determinando probabilmente la rottura umana e non solo fra padre Georg e papa Francesco. Quelle frasi che hanno fatto scalpore sono però nei fatti contenute tutte in un breve capitolo del diario, perché tutto il resto racconta un Ratzinger visto da vicino che talvolta sembra diverso dall’immagine pubblica più nota.


Benedetto giullare di Dio

Quasi echeggiando il titolo del famoso film di Roberto Rossellini su Francesco D’Assisi, padre Georg racconta un suo personale Benedetto giullare di Dio che «il 4 gennaio 1989, ricevette con piacere a Monaco l’onorificenza intitolata al comico Karl Valentin e nel discorso d’accettazione richiamò l’affermazione di san Paolo “Noi stolti a causa di Cristo” (1 Corinzi 4,10) sottolineando che “alle corti degli antichi potentati, il giullare era spesso l’unico a potersi permettere il lusso della verità. E, siccome per la mia occupazione mi accade di dover dire la verità, sono davvero felice di essere stato or ora accettato nella categoria di coloro i quali godono di quel privilegio. Chi, dicendo la verità, non si sentisse un po’ un clown, di certo diverrebbe troppo facilmente un autocrate”».

La battuta che fulminò il cardinale Martini

Altro passo del libro racconta le punzecchiature fra il cardinale Carlo Maria Martini e Ratzinger, all’epoca ancora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede: «L’arcivescovo milanese sosteneva di non aver mai scritto un libro, mentre il prefetto ribatteva che soltanto tradotti in tedesco ne aveva letti almeno una quindicina con la sua firma. Allora Martini replicò: “Ma io non devo mettermi alla scrivania, come fa lei, e faticare: parlo, mi registrano, qualcuno trascrive e redige il testo, ed è fatta”. Con un ammiccamento sornione Ratzinger concluse il simpatico duello facendo capire che la qualità un po’ disomogenea di quelle opere gli aveva permesso di immaginare un tale modus operandi…».

Pigiamino bianco e scarpe rosse

A scrivere al Papa erano spesso bambini, che hanno curiosità e sfrontatezza che agli adulti spesso mancano. Un bimbo fece questa domanda: «Quando il Papa sta da solo a casa, si toglie la veste bianca e rimane in tuta o in vestaglia?». Risposta: no, la veste non se l’è mai tolta, indossando sempre e comunque la talare e andando a dormire vestito di bianco. Unico colore alternativo il rosso delle scarpe, che però non c’entravano nulla con Prada, contrariamente a quello che scrisse una rivista di moda.

Al diavolo lo smartphone

Se proprio si voleva rintracciare Benedetto XVI anche quando era l’unico Papa, bisognava telefonare su un numero particolare in appartamento: «Lui non ha mai avuto un cellulare personale e, in caso di necessità, utilizzava il mio o quello del secondo segretario. Oltre ai massimi vertici vaticani, lo conoscevano soltanto pochi altri amici italiani o tedeschi e il fratello Georg, che il Papa chiamava spesso per dargli almeno un saluto, su una linea esclusiva per loro due».

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