Vaticano, udienza infuocata per il processo Becciu. Il cardinale contro Chaouqui: «Il Papa mi ha detto di non voler sentire più il suo nome»

Nella 44esima udienza del processo che cerca di far luce sull’utilizzo dei fondi della Santa Sede, scintille dopo le testimonianze di Ciferri e Chaouqui

Quella che si è tenuta oggi al tribunale vaticano è stata un’udienza turbolenta, in cui il presidente della corte, Giuseppe Pignatone, ha dovuto faticare per far procedere il dibattimento. Il processo sulla gestione dei fondi della segreteria di Stato, oggi 13 gennaio, ha visto deporre le testimoni Genoveffa Ciferri e Francesca Immacolata Chaouqui. La prima, terziaria francescana ed ex collaboratrice dei servizi segreti italiani, ha parlato del rapporto di amicizia con il monsignor Alberto Perlasca e di volerlo aiutare nell’ambito dell’inchiesta. Ciferri, poi ha detto di aver anche ricevuto diverse «informazioni ampie e dettagliate sul corso delle indagini» proprio da Chaouqui, che suggeriva di avere «una strategia comune col promotore di giustizia Diddi, col professore Milano, con la Gendarmeria e persino col Santo Padre». Ciferri sarebbe stata anche al corrente, sempre informata da Chaouqui, di un piano per far arrestare l’imputata Cecilia Marogna sul suolo vaticano. Piano che poi sarebbe stato rivisto per le reticenze del cardinale Pietro Parolin.


L’audizione di Chaouqui è stata ancora più accesa. L’ex componente della Commissione economica vaticana, la Cosea, poi processata e condannata nel caso Vatileaks 2, ha spiegato quanto fosse complicato effettuare controlli economici sulla segreteria di Stato. «Non ci siamo riusciti con la Cosea, non ci siamo riusciti con il cardinale Pell e la segreteria per l’Economia, ci si è riusciti con la magistratura». Chaouqui ha descritto Perlasca come sempre sfuggente, ma ha negato gli intenti minatori dei messaggi dai toni molto duri inviati da lei e letti, oggi, in aula. Prima dell’udienza, Chaouqui aveva dichiarato alla stampa di voler testimoniare «contro le truffe, gli inganni continui fatti a Papa Francesco».


La dichiarazione spontanea di Becciu

Dopo le testimonianze delle due donne, il cardinale Angelo Becciu ha voluto fare una sua dichiarazione spontanea. «Lei, lo avrete capito, ha qualcosa contro di me – ha detto Becciu riferendosi a Chaouqui -. Anzi, molto contro di me. E una delle accuse che smentisco in pieno è quella di aver dato io ordine di arrestarla e di non aver avuto pietà del suo stato di donna incinta. È una bugia, falso, avvenne i primi di novembre 2015. Io ero nel mio paese, in Sardegna. Chi la interrogò fu il comandante Giani e mi telefonò: ho arrestato la signora Chaouqui. Gli dissi: “Ma sei matto?”. “No, avevo tutte le ragioni per farlo”. Poi disse in seguito che era in stato interessante, era di pochi mesi. Come si fa a vedere a tre mesi? La respingo totalmente». Becciu ha riconosciuto che non è stato facile, dopo circa sette ore di udienza, «parlare in maniera serena». Anche perché «avrei voluto dire che nutro quasi un sentimento di gelosia nei suoi confronti – di Chaouqui -, è così facile dire “io il Santo Padre, io vado, io ritorno, io a nome del Santo Padre”. Io ho fatto il sostituto, non ho avuto questa facilità di andare dal Papa, di portare ordini».

«Riferendosi alla Cosea – ha proseguito Becciu -, dice che veniva in segreteria di Stato, si imponeva a Perlasca. Mi pare strano. Di solito chi viene è il presidente della Cosea e chiede prima al sostituto se può entrare coi collaboratori e avere documenti dell’ufficio, è strano e non molto veritiero. Com’è possibile che – Chaouqui – ha del materiale? Io da quando ho lasciato l’ufficio non ho più nulla – ha sottolineato -, non posso mantenere un foglio dell’ufficio, tutti devono andare via con la borsa vuota. I documenti si lasciano, mi meraviglio che sia in possesso di questi fogli. È contro tutte le regole. Come può, una così disporre di documenti se sono delicati?».

Riguardo ai messaggi scambiati tra Chaouqui e Becciu «io ce li ho ancora tutti qui – dice il cardinale -. come può dire che sono della signora Marogna che gestisce i miei account? Ce li ho tutti qui, senza una risposta. E sapete perché? Perché quando ne parlavo con il Santo Padre mi diceva “le consiglio di non rispondere”. Una volta solo ho risposto per Natale, faccina del figliolo, “auguri” le dissi. Non può dire che sono gestiti chissà da chi. Sono messaggi in cui fa lodi, in cui mi presenta il migliore di tutti, e messaggi in cui mi distrugge totalmente», ha chiosato Becciu.

«Invece mi prendo responsabilità di due atti per i quali – Chaouqui – si può arrabbiare e risentire. Quando, nel 2013, fu composta la commissione Cosea e alla segreteria di Stato fu inviata la lista dei nomi, io a vedere il nome trasalii perché avevo avuto segnalazioni gravi sulla sua persona. Di solito era prassi che la segreteria di Stato desse il beneplacito alle nomine, per fare il “de more”. Eravamo a inizi pontificato e le regole stavano saltando. Il nominativo… fummo messi davanti al fatto compiuto. Qualche mese prima ebbi segnalazioni che non deponevano a favore di questa signora, corsi da chi di dovere e dissi: questa signora non è degna di lavorare qui in Vaticano. Non mi ascoltarono».

«Altro atto, Vatileaks – ha aggiunto Becciu -, presenziai nella commissione che doveva decidere se procedere a denuncia degli autori della pubblicazione dei documenti segreti o procedere al licenziamento, in via amministrativa. La commissione, tutti si pronunciarono per la denuncia ai magistrati. Il comandante portò il risultato al Papa e il Papa autorizzò la denuncia. Possono essere motivi di astio, ma sono gli unici con cui mi sono posto con la Chaouqui in Vaticano». Sulla questione grazia, «è vero lei mi ha mandato Lojudice, il suo parroco che io accolsi, e dissi: “Presenti formalmente la richiesta e la porterò al Santo Padre”. Io la presentai, la sua risposta fu questa: “Eccellenza, non mi faccia più questo nome qui dentro”. “Santo Padre manca poco tempo, accontentiamola”. Lui ripete: “Non mi faccia più questo nome qui dentro, io non intendo concedere la grazia. E inoltre è ancora valido il biglietto che non entri in Vaticano, questa donna non deve entrare”. Eravamo nel 2017».

La nota dei difensori di Becciu, gli avvocati Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo

All’udienza odierna si è ulteriormente confermato il malanimo nei confronti del cardinale che sia la signora Ciferri sia la signora Chaouqui nutrivano all’epoca in cui maturò il cambio di atteggiamento di monsignor Perlasca nell’ambito del procedimento che lo vedeva indagato. Le due testimoni hanno ricostruito in modo diametralmente opposto molti fatti e circostanze, al punto che il tribunale dovrà valutare una richiesta di confronto proprio alla luce dell’assoluta inconciliabilità delle versioni fornite. Tutto ciò a conferma dell’impossibilità di trarre da queste fonti elementi utili alla ricostruzione della verità, quella che ci sta a cuore e che siamo certi il giudice terzo riconoscerà. Quanto agli insistiti riferimenti al Santo Padre della Chaouqui, la semplice lettura da parte del cardinale di una lettera dell’agosto 2022, scritta di pugno dal Pontefice e depositata in atti, smentisce tutto lo scenario evocato dalla testimone che ha affermato di avere incontri costanti con il Santo Padre.

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