Modifiche al Pnrr, tagli in arrivo alle borse di studio per i dottorati: «Colpa delle università italiane poco attrattive»

L’obiettivo iniziale era quello di finanziare 22.500 borse di studio e 60mila posti letto agevolati per gli studenti. Ecco perché il governo potrebbe chiedere modifiche

Entro martedì 17, i ministeri dovevano consegnare a Raffaele Fitto dei report per la rimodulazione dei progetti finanziati attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il titolare del dicastero per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il Pnrr vuole fare una ricognizione complessiva dei lavori prima di presentarsi in sede europea e trattare le modifiche del piano italiano. Dopo un po’ di subbuglio tra i dirigenti ministeriali per il poco tempo concesso loro, l’appuntamento è stato posticipato a venerdì 20 gennaio. Ma la sostanza non cambia, le criticità sulla soddisfazione degli obiettivi stabiliti dall’Europa per ricevere i finanziamenti sono lì. Complice il periodo in cui è stato ideato il piano di risposta alla crisi economica derivata dalla pandemia: allora la guerra in Ucraina e la successiva crisi energetica erano imprevedibili. Le condizioni sono cambiate nel giro di pochi mesi. Tuttavia, non è vero che ogni richiesta di modifica ha a che fare con il mutato costo delle materie prime.


Le università italiane sono poco attrattive per gli aspiranti ricercatori?

Certo, è questa la ragione per cui si cercano più soldi per determinati progetti. Ma dal ministero dell’Università, ad esempio, si potrebbe ricavare una quota di risorse riducendo il numero di borse di studio per dottorandi previste dal Pnrr. L’obiettivo era quello di finanziare 22.500 borse di studio per tre anni, 7.500 l’anno. Però, le domande di ammissione ai dottorati di ricerca sembrano non rispettare le attese: sarebbero le stesse università a non riuscire ad avere abbastanza iscritti a cui erogare il numero cospicuo di borse di studio. Fonti informate ritengono che il problema principale sia la scarsa attrattività delle università italiane per i giovani che vogliono tentare la strada del dottorato, «perché pagano troppo poco». Così, onde evitare di non raggiungere l’obiettivo del piano, si sta valutando se chiedere all’Europa di ridurre di un migliaio di unità le borse di studio previste.


Certo, si potevano utilizzare le risorse stanziate dall’Europa per alzare il valore economico delle borse di studio per fare ricerca accademica, così da far guadagnare di più i dottorandi e rendere più interessanti, anche per l’estero, gli atenei italiani. Eppure fonti interne al Mur spiegano che in sede europea, quando sono stati redatti gli schemi generali su cui si basano i singoli piani di ripresa dei Paesi membri, è stato fatto un ragionamento sulla quantità delle borse di studio per i dottorandi, non sulla qualità o sul rimborso economico previsto per ciascuno di essi. Per raggiungere l’obiettivo, all’Italia e ad altri Paesi è stato chiesto di aumentare di un tot il numero, senza considerare la specificità del mondo accademico italiano, dove i compensi sono decisamente più bassi della media europea.

L’housing residenziale

Non è detto che le risorse che sfuggiranno all’aumento delle borse di studio non resteranno nella macroarea del diritto allo studio. L’altro progetto del Pnrr su cui il Mur sta considerando di richiedere delle modifiche è quello dei 60 mila posti letto universitari previsti dall’housing residenziale. Il caro affitti, soprattutto per gli studenti fuori sede, è uno dei problemi più sentiti dai giovani e dalle organizzazioni studentesche. Tuttavia, ai bandi indetti dal ministero dell’Università per realizzare le residenze per studenti c’è stata una partecipazione tiepida delle imprese private che dovrebbero procedere con la ristrutturazione di vecchi immobili o la costruzione di nuovi. «Questioni burocratiche e di finanziamenti non particolarmente convenienti per le aziende edili». Il tempo stringe e, entro venerdì, sul tavolo di Fitto devono arrivare i documenti di ricognizione del Pnrr da tutti i dicasteri. Poi, il governo Meloni, tramite il suo ministro competente, dovrà sedersi al tavolo di Bruxelles per provare a trattare i ritocchi del piano italiano. Se la maggior parte dei Paesi membri si dirà in grado di rispettare gli obiettivi in essere, è difficile che verranno concesse molte modifiche all’Italia e al suo Pnrr.

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