Università, Bernini: «Raggiunti gli obiettivi del Pnrr per il 2022. Adesso la priorità è ridurre i divari e aumentare l’equità»

La ministra ha sottolineato come i fondi per la ripresa post pandemia aiuteranno a incrementare i posti letto per gli studenti, le borse di dottorato e a «garantire l’accesso allo studio»

La ministra dell’Università e della ricerca, Anna Maria Bernini, davanti alle commissioni Cultura di Camera e Senato riunite, ha fatto il punto sull’attuazione del Pnrr inerente al suo dicastero. Un momento per parlare anche dei progetti che ha in mente come neoministro: «Ad oggi, il Mur ha raggiunto tutti gli obiettivi fino al 2022. Sono state attivate risorse e adottati bandi o provvedimenti di riparto per 9,46 miliardi, di cui 7,09 miliardi già assegnati – ha dichiarato -. I primi trasferimenti ai soggetti attuatori saranno effettuati entro l’anno». Nel corso dell’audizione, la ministra di Forza Italia ha anche ricordato le prossime scadenze: tre previste entro fine anno, poi un target da raggiungere a giugno 2023 e, infine, altre tre scadenze entro dicembre 2023. Quella di Bernini, tuttavia, è stata una relazione che ha incluso sia gli aspetti burocratici del Pnrr, sia una prospettiva politica del futuro dell’università. «Arte e scienza: sono questi i due pilastri che fondano la nostra identità, che da sempre connotano l’Italia. Michelangelo e Leonardo, Deledda e Fermi, Muti e Parisi: giganti del passato e del presente, la cui eredità, il talento, il genio dobbiamo non solo raccogliere e onorare, ma trasmettere alle nuove generazioni costruendo percorsi, strutture, sistemi in grado di moltiplicare le opportunità di crescita per il nostro Paese».


«Bisogna che le nostre eccellenze possano contare sul sistema Paese e siano sostenute dalle istituzioni, in Italia e all’estero», ha continuato la ministra, spiegando che «la missione del ministero consiste nel dare la possibilità ai nostri artisti e ai nostri scienziati, a chi studia ed è impegnato in percorsi per diventarlo, di passare dall’ideazione alla realizzazione. Significa: agevole e diffuso accesso ai luoghi del sapere, risorse economiche, persone in grado di trasmettere la conoscenza e legami con chi quella conoscenza deve poi tradurla in prodotti e servizi, a beneficio delle nostre comunità, scoperta e valorizzazione dei nostri talenti. In definitiva, la costruzione di un sistema stabile e dinamico volto a instaurare un circolo virtuoso tra formazione, ricerca, imprenditorialità e promozione culturale. Questo è l’impegno che io assumo davanti a voi e che perseguirò durante tutto il mio mandato». Bernini si è soffermata a lungo sull’accesso e il diritto allo studio, «priorità del ministero», e per cui il Pnrr ha messo in campo preziosi strumenti: «Si tratta di un’iniezione imponente di risorse per investimenti in università e ricerca, accompagnata da una strategia di riforme per migliorare le condizioni di contesto, ridurre i divari e aumentare equità, efficienza e competitività dell’Italia».


Più posti letto e più borse di studio

Tra gli obiettivi del Pnrr, i più ambiziosi prevedono l’incremento dei posti letto per studenti, dagli attuali 40 mila a oltre 100 mila entro il 2026. «Il primo bando per 7.500 posti si sta chiudendo in questi giorni, per conseguire l’obiettivo di dicembre 2022», ha chiosato Bernini. «Si tratta di una missione non facile, che richiede il costante affiancamento delle università, degli enti per il diritto allo studio e degli operatori privati. È un mercato che va creato e sostenuto, in particolare nelle aree meno attrattive del Paese, che proprio per questo ne hanno più bisogno. Metteremo in campo tutto il supporto possibile: normativo e finanziario. Con questa legge di Bilancio provvederemo a integrare la dotazione per realizzare gli obiettivi in tema di housing universitario». Sempre attraverso il Pnrr, la ministra dell’Università ha previsto che entro il 2026 si riusciranno a incrementare di oltre 20 mila unità le borse di dottorato. «I dottori di ricerca in Italia hanno i più alti tassi di occupazione, pari al 90,9%. Ma nel nostro Paese – ha osservato Bernini -, solo una persona su mille tra i 25 e i 34 anni ha completato il percorso di dottorato, siamo sotto la media europea che è di 1,5 su mille, e molto al di sotto di quella tedesca del 2,1. Il dato è sceso costantemente negli ultimi anni».

L’attuazione del Pnrr come metodo per gli investimenti pubblici

«E non solo: ogni anno il 20% dei dottori di ricerca, uno su cinque, si trasferisce all’estero. Il risultato è una drammatica dispersione delle competenze, sulle quali il nostro Paese ha investito, ma anche del potenziale innovativo della nostra società. Scongiurare questa minuziosa e costante distruzione del nostro potenziale umano, rappresenta per me un imperativo categorico. Non lo dobbiamo solo ai nostri giovani, che hanno tutto il diritto di mettere le proprie competenze al servizio del Paese – sia pure integrati in una rete sempre più internazionale -, ma lo dobbiamo a tutti noi, cittadini contribuenti che attraverso le tasse finanziamo l’università e la ricerca, settori in tutto il mondo giustamente considerati strategici». La ministra ha auspicato che il Pnrr diventi la sperimentazione di un nuovo metodo: monitoraggio costante, attuazione rapida e valutazione dei progetti. «La cultura della valutazione delle politiche pubbliche consiste nella prova della realtà e nella certificazione delle promesse mantenute. L’errore più grave sarebbe trattare questa novità come episodio isolato, estemporaneo, come una grande opportunità destinata a esaurirsi e lasciare il vuoto dopo di sé. Sarebbe un errore nell’ottica europea, perché è nell’interesse dell’Italia che la condivisione della spesa per gli investimenti produttivi faccia parte del futuro dell’Europa».

I dati Eurostat

«E sarebbe un errore nell’ottica nazionale – ha aggiunto -, perché la logica del Pnrr va improntata all’innalzamento del potenziale dell’Italia, considerando la sostenibilità e la crescita degli interventi oltre l’arco temporale del Piano, e i cambiamenti profondi che possono innescarsi a livello di sistema». Nel corso dell’audizione, Bernini ha snocciolato anche alcuni dati Eurostat: «L’accesso e l’investimento in formazione superiore non sono solo fattori di competitività del Paese, ma elementi essenziali per ridurre le disuguaglianze socio-economiche e territoriali. Non si può migliorare la propria condizione sociale senza avere solide garanzie del diritto allo studio. L’Italia ha una quota del 28,3% di giovani con un titolo di studio di livello terziario, contro una media europea del 41,2%. Un gap che va assolutamente colmato, così come quello dello skill mismatch, la cui incidenza in Italia è superiore alla media Ocse. Si stima che il mismatch tra domanda e offerta – la difficoltà di reperire le professionalità ricercate – ad agosto 2022 abbia interessato il 42% delle opportunità di lavoro. Per ridurre questi divari, occorre agire su più piani: dall’accesso e diritto allo studio, all’orientamento e inserimento nel mondo del lavoro».

«Non trasformare il diritto allo studio in un privilegio»

Poi, in chiusura, Bernini ha sottolineato dove saranno veicolate le sue attenzioni durante il mandato ministeriale: «Il calo degli iscritti nelle nostre università è un dato icastico di questa crisi, dentro la quale si riproduce il dualismo storico che ha segnato lo sviluppo diseguale del nostro paese: Nord e Sud. Il tasso di abbandono degli studi è più alto di diversi punti nel Mezzogiorno. Non è una novità dovuta anche alle caratteristiche del mercato del lavoro, ma è innegabile come, ad antichi ritardi, si siano aggiunte nuove criticità. Semplice: se studiare costa, la crisi rende questo costo un lusso per i meno agiati. Per noi questa tagliola sul futuro, che trasforma un diritto in un privilegio, è inaccettabile. E non solo eticamente. Lo è politicamente ed economicamente perché rende il Paese meno in grado di competere in Europa e nel mondo, più insicuro nelle prospettive e ripiegato su sé stesso. E, consentitemi, più fragile democraticamente, perché investire sulle persone, sulla formazione, ricerca, arte, sulle intelligenze individuali e collettive, significa investire sulla democrazia. L’accesso allo studio, dunque, è la nostra priorità».

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