Le “esodate” da Opzione Donna, 20mila senza pensione: «Il governo fa cassa sulla nostra pelle»
All’epoca dell’approvazione della legge Fornero si parlò molto degli esodati. Ovvero di quei lavoratori che avevano deciso di lasciare la loro occupazione in anticipo, usufruendo magari delle indennità dell’epoca, e che poi si sono trovati spiazzati dall’allungamento dell’età pensionabile. Oggi Repubblica parla invece delle esodate da Opzione Donna. Ovvero delle lavoratrici che non potranno andare in pensione perché con la Legge di Bilancio 2023 il governo Meloni ha cambiato le regole del sussidio. Il quotidiano calcola che siano ventimila le donne “esodate”. Mentre le lavoratrici scendono in piazza: un primo presidio c’è stato il 19 gennaio davanti al ministero del Lavoro. Le lavoratrici chiedono di tornare all’Opzione Donna originaria. Ovvero senza il paletto dei figli per uscire a 59 o 58 anni di età. E senza la regola del disabile in famiglia, l’opzione caregiver e il licenziamento ricevuto o in arrivo. Il quotidiano spiega che lo stesso governo, nella relazione tecnica alla manovra, ammette una platea di potenziali interessate di sole 2.900 lavoratrici quest’anno. Un numero che per la Cgil è persino eccessivo: il sindacato prevede appena 870 uscite. Niente a confronto con le 23.812 pensioni liquidate con Opzione Donna nel 2022, comunicate dall’Inps. O delle 20.681 del 2021. L’anno scorso furono stanziati 111 milioni dal governo Draghi. Oggi lo stanziamento ammonta a 21 milioni. «Hanno fatto cassa con Opzione donna, senza spiegarci perché, pur sapendo che si tratta di un anticipo che le donne si pagano da sole, rinunciando fino a un terzo dell’assegno con il ricalcolo contributivo», dice Orietta Armiliato, fondatrice del Comitato “Opzione Donna Social”.
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