Come sta Cospito, il consigliere regionale che l’ha visto in carcere: «Abbiamo parlato in piedi per mezz’ora: perché teme trattamenti di favore»

Il consigliere lombardo di +Europa, Michele Usuelli, ha aggiunto nuovi dettagli sull’incontro avuto con l’anarchico nel carcere di Opera

«Abbiamo parlato in piedi per mezz’ora con Alfredo Cospito, una sbarra ci divideva. Era vigile, reattivo e respirava bene». A dichiararlo è il medico e consigliere regionale lombardo di +Europa Michele Usuelli nel corso di una presentazione a Milano dei candidati Radicali che sostengono Majorino. Usuelli ha incontrato ieri l’anarchico Cospito al carcere di Opera e ha riferito delle sue condizioni di salute, specificando di essere «in grado di sostenere un dialogo anche con passaggi complicati». E la carenza di cibo, dovuta allo sciopero della fame, «non gli fa perdere la lucidità mentale». Stando a quanto dichiara il consigliere, per l’anarchico non vi è alcuna differenza tra la Casa circondariale di Sassari, dove era in precedenza, e quella di Opera dove è stato trasferito attualmente. Ieri, 1 febbraio, Usuelli aveva anticipato alcuni passaggi dell’incontro, spiegando che Cospito gli avesse garantito: «Io voglio vivere».


«Non voglio trattamenti di favore»

«Alfredo Cospito è focalizzato sulla battaglia per un 41bis più umano, tanto che ci teneva a specificare che ha paura che gli altri detenuti possano pensare che riceva trattamenti di favore in quanto noto». È questa una delle preoccupazioni di Cospito, spiega Usuelli, specificando che chiaramente non vi è alcun trattamento di favore reale, ma che è fondamentale anche riferire della percezione degli altri detenuti soprattutto in una struttura come il carcere. Già ieri il consigliere aveva fatto sapere che la battaglia dell’anarchico presenta alcune contraddizioni e che per questo motivo, gli ha chiesto di condannare le azioni violente di questi giorni. Ma al momento, l’anarchico non si sente di dire nulla. «Cospito – ha aggiunto Usuelli – viene da una storia che non è la mia: ciò che ci accumuna è lo sforzo per un regime 41 bis, che mantenga l’impossibilità di quei detenuti nel comunicare con l’esterno per la sicurezza di tutti i cittadini, ma umanizzando il più possibile questo regime detentivo». E ha aggiunto: «Qui finiscono i nostri valori comuni ed inizia la profonda differenza del metodo con cui si conquistano i diritti nel nostro Paese: il mio è mai con violenza e attentati».


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