Superbonus 110%, ecco le cifre per capire. Chi ha ragione fra Giorgia Meloni e Giuseppe Conte – Il video

Le ragioni e i torti sul Superbonus e come si è formata la voragine nei conti

Chi ha ragione nello scontro fra Giorgia Meloni e Giuseppe Conte sul Superbonus 110%? Sono i numeri a chiarire. Alla data del 17 febbraio 2023 nei cassetti fiscali della Agenzia delle Entrate c’erano 110 miliardi di euro di crediti di imposta derivanti dai bonus edilizi. La cifra è quella detta dalla Meloni, ed è giusto dire che quei bonus costano 2 mila euro per ogni italiano, compresi neonati e bambini piccoli. Però è vero quel che dice Conte perché solo i due terzi di quella somma sono relativi al Superbonus 110%, e il resto invece riguarda altri bonus edilizi pre-esistenti. Ma tutta quella somma è comunque riportabile a lui, perché la possibilità di compensare con crediti di imposta cedibili a terzi tutti i bonus edilizi è stata concessa dal decreto legge 34 del 2020 che porta la firma proprio di Conte. Lo stesso discorso vale per le truffe scoperte dalla Guardia di Finanza: circa 4 miliardi di euro finora, solo in parte minore dovuta al Superbonus 110%. Ma tutte le truffe poggiano su quella cessione di crediti di imposta concessa dal decreto sopra citato del governo Conte.


Il leader del M5s invoca poi gli effetti positivi di finanza pubblica del Superbonus 110%. Sul Pil ci sono stati: secondo i dati Ance nel 2021 il pil italiano è cresciuto del 6,7% e il comparto edilizia ha contribuito per il 27% di quella crescita. Un dato importante ma simile a quello della Francia: Pil +6,8% e comparto edilizia che ha contribuito per il 24%. All’interno del comparto edilizia in Italia la quota Superbonus è stata del 40%. In termini assoluti, dunque, ha generato maggiore Pil per 12 miliardi. I dati del 2022 non sono ancora precisi, ma si può dire che nel biennio il Superbonus ha creato un costo per lo Stato di circa 71 miliardi di euro compensato da maggiore ricchezza per circa 20 miliardi di euro. La distanza è ancora notevole. C’è stata maggiore occupazione? Sì. Maggiore entrate fiscali? No, perché quelle generate sono diventate crediti di imposta e quindi nelle casse statali non è entrato un solo euro. Anzi, ne restano fuori 19 miliardi di euro che bisogna ancora coprire in qualche modo. Andrebbe però calcolato un dato che è invece negativo per la finanza pubblica: il Superbonus 110% ha comportato un rincaro sensibile sia di materiali che di manodopera per l’edilizia producendo maggiore inflazione anche prima della guerra in Ucraina.


Sorprende piuttosto che il M5s vanti una scelta che è contraria a tutto quel che aveva detto fino al giorno prima contro la finanziarizzazione della economia. Pagare 110 quello che vale 100 apre una piccola voragine proprio a quella finanziarizzazione, oltre ad avere alimentato l’inflazione. Siccome alla fine nessuno sborsa un euro e paga Pantalone consentendo pure un margine del 10%, i prezzi sono lievitati. Ed è nato il buco nei conti pubblici come ogni tipo di abuso e comportamento spregiudicato nel passaggio di mano dei crediti di imposta. In fondo è stato lo stesso errore dei mutui subprime che crearono la crisi finanziaria del 2008. E la lezione di allora non è mai stata imparata: al massimo si può pagare 100 quel che vale 100. Di più mai.

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