La prof Saraceno e la Mia al posto del reddito di cittadinanza: «Vogliono prendere i poveri per fame. Il Nord sarà penalizzato»

La sociologa che ha presieduto il comitato per la riforma: ridurre il tetto Isee penalizza chi vive al Nord

La sociologa Chiara Saraceno ha presieduto il comitato scientifico per la riforma del reddito di cittadinanza durante il governo Draghi. Successivamente la prof ha criticato le modifiche introdotte dal governo Meloni con la Legge di Bilancio 2023. Oggi, in un’intervista al Fatto Quotidiano, Saraceno va all’attacco della Mia, ovvero la Misura di Inclusione Attiva. Ovvero lo strumento che l’esecutivo Meloni ha deciso di varare al posto del sussidio. Per la sociologa nelle nuove norme «prevale l’intento punitivo verso i poveri e persistono elementi controversi o inspiegabili». Come per esempio il taglio del 30% del sussidio ai percettori “occupabili”: «Non condivido l’idea di ridurre la durata del beneficio, ma almeno, nella loro ottica, ha l’obiettivo di spingere il percettore a trovare un lavoro. Ma perché ridurgli anche l’importo? Un povero occupabile ha gli stessi bisogni materiali di uno con a casa un minore, un anziano o un disabile. L’unica spiegazione è che lo si voglia prendere, per così dire, “per fame”: affamare i poveri per spingerli a trovarsi un lavoro. Non voglio crederci».


Il criterio degli occupabili

Saraceno critica anche il criterio degli occupabili: «È una classificazione che non esiste in nessun altro Paese europeo ed è in contrasto con la recente proposta di raccomandazione Ue, firmata anche dall’Italia, che non fa distinzione tra occupabili e non. Non è chiaro poi se il criterio sarà su base familiare o individuale. A quale intento risponde questa riforma? Al momento mi pare soprattutto quello di risparmiare: ridurre l’importo, la durata e la soglia del tetto Isee restringerà di molto la platea e quindi la spesa totale». E spiega che «ridurre il tetto Isee penalizzerà soprattutto i poveri del Nord, che secondo alcuni sono già penalizzati dal disegno del Rdc. Una delle critiche mosse al Reddito in questi anni è che usa la stessa soglia massima in tutto il Paese senza tener conto del diverso costo della vita. Non l’ho mai condivisa perché semplicistica: a Milano, per dire, la vita può essere molto costosa, ma non altrettanto in un paese della Brianza poco distante. Anche prendendola per buona, però, la realtà è che i poveri del Nord ora saranno ancora più penalizzati. La Lega lo ha capito?».


Una riforma pasticciata

La prof spiega che quella proposta dall’esecutivo le sembra «una riforma pasticciata, un compromesso tra quello che avrebbero voluto fare – togliere del tutto il sussidio agli occupabili – e il dato di realtà che impone di tenerlo». Anche se qualcosa di positivo c’è: «Innanzitutto hanno accettato di non poter eliminare del tutto la misura, come era nelle loro intenzioni iniziali dichiarate e di voler investire nelle politiche attive dopo aver perso tempo. Positiva è anche la possibilità di cumulare l’assegno con un reddito da lavoro per tutti. E non solo per gli stagionali, come aveva stabilito la legge di Bilancio. E la riduzione del criterio della residenza da 10 a 5 anni, che escludeva molti stranieri. Quest’ultima, però, serve a evitare la procedura d’infrazione europea. Non è detto basti: Bruxelles, per esempio, sull’assegno unico ha chiesto di portare l’obbligo di residenza a 2 anni».

Leggi anche: