Silvergate e Silicon Valley, crollano le banche Usa della nuova economia. I timori di un nuovo 2008 affossano le Borse di tutta Europa

Listini europei in rosso sulla scia della crisi delle due banche statunitensi. Ecco cosa sta succedendo

Si respira un’aria pesante su tutti i principali listini europei, in scia all’andamento degli ultimi giorni dei mercati Usa. A Piazza Affari il FTSE MIB è in calo del 2,14%, e non va meglio nel resto di Europa, con tutte le principali piazze in territorio nettamente negativo. Dietro il nervosismo degli operatori sembrano esserci le tensioni legate alle fortissime oscillazioni registrate nell’ultima settimana sui mercati finanziari statunitensi, trainate dal crollo di Silvergate Capital, banca operante nel settore delle criptovalute, e dal crac di Silicon Valley Bank. Dopo il tonfo di ieri a Wall Street (-42%), oggi venerdì 10 marzo è stata sospesa in apertura di seduta il titolo di quest’ultima (-62%) in attesa di comunicazioni. Secondo la rete Usa Cnbc sarebbe fallito il piano di raccolta di 2,25 miliardi di dollari per l’aumento di capitale da poco annunciato e la Silicon Valley Bank (SVB) sta trattando con gli advisor per la cessione della maggioranza delle sue azioni. L’aumento di capitale di SVB era necessario per fare fronte a perdite nette di 1,8 miliardi di dollari sulla cessione di titoli del Tesoro americano – resasi necessaria per venire incontro alle richieste di liquidità della clientela. È un vero e proprio terremoto quello in corso sulle banche della nuova economia in Usa e nel crollo ora si sta aggiungendo anche la First Republic bank. La caduta a catena sta scatenando sui mercati l’ipotesi di una nuova crisi finanziaria, secondo alcuni esperti paragonabile a quella del 2008, che partì con il fallimento della Lehman Brothers.


I timori mandano in rosso le Borse

Sui tutti i mercati del mondo si vedono i segni della turbolenza americana: stanotte è caduta la borsa di Hong Kong (-3,04%) e da stamattina vanno giù anche tutti i listini europei penalizzando in particolare i titoli bancari. A piazza Affari lasciava a inizio pomeriggio poco meno del 4% Unicredit, perdevano ancora di più Bper banca (-4,79%), Finecobank (-4,48), ma quasi tutti i bancari erano penalizzati (Intesa Sanpaolo -2,60%, Banco Bpm -3,57%, banca Mps -2,44% e Banca Generali -2,63%). Il crollo delle banche americane coinvolge in borsa anche i colossi del settore, che lasciano sul campo dal 5 al 7-8% del loro valore. SVB non è una delle più grandi americane, ma è quella che serve le aziende della Silicon Valley e con il fallimento, diventa il secondo più grande nel settore bancario (con più di 210 miliardi di dollari di asset della clientela) della storia americana dopo quello registrato proprio nel 2008 di Washington Mutual.


Il quadro monetario e macroeconomico

L’andamento sul listino dei due gruppi finanziari aveva avuto ripercussioni negative già ieri sulle principali banche statunitensi, tra cui JpMorgan (-5,4%), Bank of America (-6,2%), Morgan Stanley (-3,8%) e Goldman Sachs (-2%). A influenzare queste perdite sono state anche le parole del presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, sulla possibilità di alzare ulteriormente i tassi di interesse rispetto alle precedenti previsioni. E quest’oggi è stato pubblicato il report mensile di febbraio relativo al mercato del lavoro statunitense. Gli ultimi dati sull’occupazione risultano essere nettamente migliori rispetto alle previsioni. Secondo il rapporto, nel febbraio 2023, negli Usa gli occupati – esclusi i lavoratori del settore agricolo – sono aumentati di oltre 310mila unità. Un numero discretamente superiore rispetto alle stime degli analisti, che attendevano aumento di 225mila posti di lavoro. Al contempo, i dati relativi all’occupazione di gennaio sono stati rivisti al ribasso, passando da 517mila a 504mila. L’aumento dei salari registrato a febbraio è invece sotto le previsioni. La paga media oraria è salita dello 0,24 per cento (poco più della metà rispetto alle stime che prevedevano un rialzo dello 0,4 per cento). Attualmente, dunque, la paga media oraria negli Stati uniti è di 33,09 dollari. In aumento anche il tasso di disoccupazione, che è passato dal 3,4 per cento al 3,6 per cento.

Cosa rischiano le banche

Come riportato da Bloomberg, «il rischio immediato per molte banche potrebbe non essere esistenziale, ma comunque doloroso. Anziché affrontare una corsa ai depositi, le banche saranno costrette a competere più duramente per ottenere (depositi) offrendo pagamenti di interessi più elevati ai risparmiatori. Questo aspetto eroderebbe quanto guadagnano le banche sui prestiti. A subire l’impatto maggiore, però, vi sarebbero le banche di medie e piccole dimensioni, in cui i finanziamenti sono meno diversificati e dunque potrebbero subire pressioni e dunque perdite più consistenti». Micheal Barr, vicepresidente della Federal Reserve, nel corso di un intervento ha osservato che dopo la crisi del 2008, i regolatori hanno investito maggiori risorse nel garantire la stabilità dei grandi istituti bancari, spingendo le banche ad aumentare il capitale di riserva in modo da poter essere pronte ad affrontare eventuali shock dei mercati. Al contempo, però, la supervisione degli istituti bancari più piccoli è stata “trascurata”. Ed è proprio per questo motivo che si teme per i possibili effetti nelle realtà finanziare e bancarie più piccole, mentre i mercati temono un “effetto domino” nel ritiro degli investimenti.

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