Milano, la storia di Elena e Carolina dopo lo stop al riconoscimento dei figli delle coppie gay: «Non sono più mamma da stamattina»

Le conseguenze della circolare del ministero dell’Interno raccontate da una coppia di mamme che ha concepito una bimba con la fecondazione assistita

Da un giorno all’altro non è più madre. O almeno per lo Stato. Carolina, 41 anni, si è vista notificare improvvisamente l’annullamento del riconoscimento di sua figlia, nata a gennaio a Milano. «In questi giorni abbiamo seguito le notizie con molta apprensione ma non ci aspettavamo un annullamento retroattivo dei riconoscimenti già fatti», racconta al Corriere in un’intervista a Elena Tebano. La Procura del capoluogo lombardo ha chiesto l’annullamento dell’atto di nascita e i documenti della bimba avuta con la moglie Elena, 34enne che ha partorito la piccola. Il tutto a causa della circolare del ministero dell’Interno che ha imposto di sospendere le registrazioni alla nascita per i figli delle coppie omosessuali perché considerate «contrarie all’ordine pubblico». L’avviso del Tribunale è arrivato alla coppia ieri, 16 marzo.


Le motivazioni della Procura

«Sulla notifica c’è scritto che, in quanto coppia omosessuale che ha fatto ricorso alla procreazione medicalmente assistita, l’unico modo per Carolina per riconoscere la bambina è l’adozione in casi particolari», spiega Elena. «È una cosa che mi fa particolarmente rabbia, perché alla fine, anche se sarà così, verrà comunque riconosciuto che siamo entrambe madri di nostra figlia», aggiunge. E contesta le motivazioni della decisione: «Chi si oppone ai diritti delle nostre famiglie lo fa sostenendo che i bambini debbano avere un padre e una madre. Ma la cancellazione delle registrazione alla nascita non darà un padre a nostra figlia, semplicemente perché la realtà è che lei ha due mamme. Ci vorrà solo più tempo per scriverlo sui documenti».


«Tutto questo non aiuta i bambini»

Una decisione che ha anche delle ricadute economiche perché Carolina ed Elena dovranno «andare davanti a un giudice, far venire gli assistenti sociali a casa, sostenere le spese per gli avvocati, e intanto anche lo Stato spenderà risorse». Senza contare le ricadute psicologiche. «A me sembra che tutto questo sia fatto solo per crearci problemi, non certo per aiutare i bambini», chiosa la 34enne. Le due mogli hanno fatto la procedura per la fecondazione assistita in Spagna. «Stiamo insieme da 7 anni, siamo unite civilmente. Sarebbe sua madre anche se non condividessero il Dna, ma il paradosso è che, nel nostro caso, Carolina è anche la madre genetica della bambina che ho partorito io, spiega Elena. Il concepimento, infatti, è stato fatto tramire ovodonazione interna alla coppia. Ma ora la decisione del ministro dell’Interno non fermerà Elena e Carolina che sono determinate a portare avanti la loro battaglia assistite dai legali Giacomo Cardaci e Manuel Girola dell’ Associazione Rete Lenford.

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