Ancora abusi nel mondo della ginnastica: schiaffi, pizzicotti e insulti in una palestra di Imola

4 ex allieve e 7 testimoni ascoltate dalla procura federale. I pm hanno aperto un’inchiesta

Nel 2018 Maria (nome di fantasia) aveva solo 7 anni, ma aveva già sperimentato molteplici vessazioni dalla sua allenatrice di ginnastica artistica, tanto da avere il sedere rosso per i pizzicotti ricevuti. Adesso che è un’adolescente, ha deciso di denunciare alla procura di Bologna i maltrattamenti subiti, con altre tre compagne della stessa palestra di Imola. Si tratta di due ginnaste del 2003 e del 1999, mentre Luisa (altro nome di fantasia) è del 1994. Questo è quello che oggi, 22 marzo, racconta Repubblica. Ora i pm hanno aperto un’inchiesta, notificando l’avviso di garanzia all’istruttrice. Nel frattempo la procura federale avrebbe ascoltato non solo le 4 ragazze ma anche altre 7 ex compagne, in qualità di testimoni degli abusi mentali e fisici. Le indagini sono ancora in fase iniziale: la procura dovrà decidere se chiedere il rinvio a giudizio dopo aver sentito i diversi testimoni. L’allenatrice, che ha sempre insegnato in questo settore, è difesa dai legali Silvia Villa e Carlo Machirelli. Il quale si dice «assolutamente convinto» che la vicenda terminerà con un’archiviazione.


Il racconto di Luisa

«Presi uno schiaffo così forte da lasciarmi l’impronta sulla pelle. Per non parlare degli insulti: lei prendeva i coni grandi per usarli come microfono davanti a tutti», racconta ancora al quotidiano Luisa. Che aggiunge: «Non abbiamo parlato con la Federazione, ma tutti sanno cosa accadeva a Imola». Le sue parole ricalcano in parte lo scenario già tracciato da altre ex ginnaste che negli ultimi mesi hanno denunciato vessazioni e umiliazioni. «Ricevevamo bacchettate in testa e io venivo sempre sminuita con frasi tipo “sei in Nazionale solo per merito nostro, non sei nessuno” o “sei stupida”. Era avvilente. Una volta l’allenatrice mi ha controllato la borsa, ha trovato 3 cioccolatini e mi ha fatto una scenata». E ancora: «Se avevamo degli infortuni nessuno ci credeva. “Stai male solo perché non vuoi lavorare”, ci sentivamo ripetere. E se il medico ci diceva di riposare 5 o 10 giorni era uguale: era l’allenatrice a decidere. Ora vogliamo avere giustizia».


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