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Meno di mille euro al mese. Perché anche la proposta Calenda sul salario minimo non cambia granché

Abbiamo fatto una simulazione, solo indicativa, su quanto garantirebbe al mese una retribuzione di 9 euro lordi l'ora come prevede la misura avanzata dal leader del Terzo Polo

La proposta di Carlo Calenda sul salario minimo ha riacceso il dibattito su una misura che suscita molte attese ma che è anche molto controversa, perché dietro al nome si possono nascondere mille diverse formule attuative. Il leader del Terzo Polo propone un salario minimo orario che non sia inferiore a 9 euro l’ora lordi. Questo importo, secondo quanto annunciato, dovrebbe inglobare le seguenti voci retributive: la quota di trattamento di fine rapporto (Tfr) maturata periodicamente, il valore delle tutele di welfare contrattuale (sanità integrativa, previdenza complementare), la tredicesima e l’eventuale quattordicesima, tutti gli eventuali benefit accessori (come i buoni pasto). Il nuovo capogruppo del Pd, Francesco Boccia, ha tuonato contro la proposta dichiarando che equivarrebbe a un salario orario netto di 3 ore. Proviamo a capire se questa critica è fondata oppure no, facendo qualche calcolo. Con un’avvertenza: si tratta di stime indicative, verosimili ma non precise al millesimo, perché il calcolo preciso dell’effettivo carico fiscale applicabile a un dipendente non può essere fatto senza conoscere con precisione la sua complessiva situazione reddituale e lavorativa.

La simulazione

Per calcolare quanto vale un salario orario onnicomprensivo di 9 euro lordi, ipotizziamo che un lavoratore percepisca questo importo per 8 ore al giorno, e che lavori per 200 giorni all’anno: verrebbe fuori un lordo di circa 16 mila euro. Applicando su questo importo l’aliquota fiscale più bassa esistente e sommando le addizionali regionali e comunali andrebbe sottratto un valore di circa 2500 euro (2200 per Irpef, anche se l’importo può variare in funzione delle detrazioni, e poco più di 300 per le addizionali locali). Togliendo anche la quota di contributi previdenziali a carico del dipendente, andrebbe sottratto un altro importo di circa 1500 euro. Verrebbe fuori un importo netto di circa 12 mila euro, che sarebbe tuttavia incrementato grazie all’applicazione del trattamento integrativo del reddito (Tir), salendo a circa 13mila euro netti (qualcosa in più se ci sono detrazioni).

Partendo da questo valore annuo e facendo il calcolo a ritroso, possiamo dire che i 9 euro lordi proposti da Calenda, nella composizione “omnicompresiva” presentata dal leader del Terzo Polo, equivalgono a circa 7,3 euro netti all’ora, poco più di 1.000 euro netti al mese. Questo valore non può tuttavia essere messa a confronto con le retribuzioni orarie normalmente fissate dai contratti collettivi, perché il valore “onnicomprensivo” di Calenda include tutte le voci retributive mentre le tabelle dei contratti collettivi non tengono conto dei trattamenti aggiuntivi che normalmente accompagnano il lavoro dipendente (la somma sarebbe comprensiva, come detto, di tutte le voci: Tfr, welfare, buoni pasto, tredicesima e quattordicesima, ecc.).

Per mettere a confronto dati omogenei, dal valore di 7.3 euro netti della proposta di Calenda, andrebbero scorporati tutti gli istituti retributivi differiti e indiretti. Un calcolo molto sofisticato, ma non si va troppo lontani dalla verità se si ipotizza che questi 7.3 euro netti “complessivi” sono comparabili a circa 6 euro netti, forse anche qualcosa di meno, di un salario “normale” (la voce ordinaria cui si aggiungono il Tfr, i trattamenti integrativi, i buoni pasto, la tredicesima ecc.). Questo è l’importo da usare per confrontare l’impatto della proposta rispetto ai valori esistenti negli altri contratti collettivi. Questa comparazione dimostra che la proposta di Calenda non sarebbe destinata a incidere in modo significativo sui livelli retributivi previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro.

Infatti, come spiegato più volte da analisi indipendenti, non esistono oggi contratti collettivi che fissano la retribuzione oraria “di base” (quella calcolata senza l’aggiunta delle voci accessorie e differite) sotto la soglia dei 7 euro netti, salvo rarissime eccezioni dove si scende di poco sotto tale importo. Valori che risulterebbero quindi già superiori rispetto alla proposta di Calenda (che abbiamo visto essere pari a circa 6 euro netti, nella voce di base depurata dagli istituti indiretti e differiti).

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