Omicidio Attanasio, condannati all’ergastolo i sei imputati. Il padre: «Aspettiamo ancora la verità». Risarcimento di 2 milioni all’Italia

Il diplomatico era stato vittima di un attentato nel 2021 insieme al carabiniere della scorta Vittorio Iacovacci e all’autista Mustapha Milambo

Sono stati condannati all’ergastolo dal tribunale di Kinshasa i sei imputati nel processo per l’omicidio di Luca Attanasio. L’ambasciatore italiano presso la Repubblica democratica del Congo, ruolo che ricopriva dal 5 settembre 2017, fu vittima di un attentato a Goma il il 22 febbraio del 2021, in cui morirono anche il carabiniere della scorta Vittorio Iacovacci e all’autista del World Food Programme Mustapha Milambo. La pubblica accusa aveva chiesto la pena di morte che, come ricordava Ansa, è comminata spesso nei casi di sicurezza nazionale, ma da 20 anni non viene applicata ed è trasformata automaticamente in ergastolo. L’Italia aveva chiesto per gli imputati la condanna alla carcerazione, in alternativa alla pena capitale.


Solo cinque imputati erano presenti in tribunale, mentre il sesto condannato, il capobanda, risulta ancora latitante. Per loro, la difesa aveva avanzato la richiesta di assoluzione per non aver commesso il fatto, provando a far valere alcuni dubbi sulla responsabilità effettiva degli accusati. Gli imputati, arrestati nel gennaio 2022, in un primo momento hanno ammesso la propria colpevolezza, poi si sono professati innocenti sostenendo di essere stati costretti con la violenza a confessare. Nella sentenza letta in seduta pubblica nel carcere militare di Gombe, quartiere della capitala Kinshasa, il tribunale militare congolese ha riconosciuto all’Italia un risarcimento, a carico dei condannati, pari a due milioni di dollari. La difesa dei sei condannati in primo grado ha annunciato che presenterà ricorso.


Il padre di Attanasio: «Aspettiamo ancora la verità. L’Italia deve reagire»

«Noi aspettiamo ancora la verità», il commento di Salvatore, padre dell’ambasciatore Attanasio, subito dopo la sentenza. All’Ansa, ha detto di non credere alla versione di un tentativo di rapimento. Per questo, il suo auspicio è che il processo che si aprirà in Italia, il prossimo 25 maggio, nei confronti di due funzionari del Pam, possa condurre a un’altra verità giudiziaria. «Penso che l’Italia debba pretendere la verità perché Luca era il suo ambasciatore: rappresentava tutti noi. Non è solo un problema della famiglia. Questo non è un fatto di cronaca, ma un fatto politico e di Stato e lo Stato deve reagire». L’unico aspetto del processo congolese che Salavatore Attanasio ritiene positivo è «la conversione dalla pena di morte all’ergastolo – per i rei confessi, che però – prima si erano autoaccusati e poi avevano ritrattato dicendo che la confessione era stata estorta con la tortura. Se sono stati loro – ha concluso -, sono stati gli esecutori di un omicidio. Il nostro obiettivo è la verità e per questo bisogna scavare più a fondo».

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