L’insufficienza renale, il trapianto impossibile: perché Silvio Berlusconi malato di leucemia rischia di non fare più politica

Secondo il primario di ematologia del Gemelli Pagano ci sono “problemoni” difficili da risolvere. E un ritorno alla vita attiva è impossibile

La malattia di Silvio Berlusconi molto probabilmente gli impedirà di fare politica attiva. La  leucemia mielomonocitica cronica di cui l’ex premier soffre da due anni ha un’aspettativa di vita sotto i 90 anni. La guarigione può avvenire solo attraverso un trapianto di midollo osseo. Che è impossibile alla sua età. Mentre con la chemioterapia il tumore si può tenere sotto controllo. Ma anche l’insufficienza renale è un problema. Anzi, «un problemone» secondo il professor Livio Pagano. Che è primario di ematologia all’ospedale Gemelli. E oggi spiega che questo è il segnale che l’organismo non riesce più ad avere un regolare riflusso di sangue. «Così ai tessuti non riesce ad arrivare più l’ossigeno. E poi vanno in sofferenza organi vitali come i reni. Ma anche cuore, polmoni, cervello». In più, spiega il dottore, il paziente diventa più a rischio di emorragie.


Un quadro clinico complicato

Il quadro clinico di Berlusconi è molto complicato. Anche se lui freme, e ieri a chi era in stanza con lui nel Padiglione Q del San Raffaele ha detto che non vede l’ora di tornare in campo. E i fans gli si stringono sempre più vicino. È vero che le cure per la leucemia mielomonocitica cronica funzionano anche sugli anziani, come ha detto lo stesso Pagano ieri. Ma nel colloquio con La Stampa di oggi il professore è categorico sull’impegno politico: «È una malattia che ha la brutta abitudine di essere dinamica, tendendo a trasformarsi in leucemia acuta. Berlusconi ha probabilmente una abnorme proliferazione di globuli bianchi sani, ossia non leucemici. Che dal livello midollare si riversano poi in circolo. Se noi normalmente ne abbiamo 10 mila, lui ne possiede dieci, venti volte di più». Una grande quantità di globuli bianchi modifica la fluidità del sangue. E genera rischio trombosi oltre all’insufficienza renale. Soprattutto a una certa età.


Le cure e l’aspettativa di vita

Secondo il professor Pagano le aspettative di vita sono alte: quando i pazienti rispondono bene alla terapia si arriva anche a 90 anni. Ma questo non è, per ora, il caso di Berlusconi: «Le terapie hanno sempre un rovescio della medaglia. In questo caso è il rischio di generare anemia, che in un paziente come Berlusconi, con un cuore malandato, possono portare a scompenso cardiaco o ad infarto. E poi questi farmaci colpiscono i globuli bianchi malati ma non risparmiano quelli sani. Esponendo così il paziente a infezioni e polmoniti. Per questo con comorbilità importanti l’aspettativa di vita di riduce. Di molto, purtroppo». E quindi, dice Pagano, Berlusconi non potrà tornare ai suoi impegni politici: «No, perché anche se cronicizza parliamo di un organismo indebolito dalla malattia, che a stento riuscirà a mantenere a lungo la concentrazione e a lavorare per più di due ore. Dovrà cercare di godersi l’affetto dei suoi cari».

L’ematologo: rischio complicazioni

Claudio Cerchione, ematologo all’Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori Irccs Dino Amadori e presidente di Soho – Italy (Society of Hematologic Oncology Italy), aggiunge invece all’agenzia di stampa Ansa che c’è il rischio complicazioni. In patologie di questo tipo si può incorrere in una «prima eventualità – afferma – rappresentata dal rischio di una complicanza infettiva in un organismo già compromesso. Un’altra è che la malattia da cronica si trasformi in acuta: questo accade quando si determina una iperproliferazione delle cellule tumorali che, al tempo stesso, invadendo il midollo osseo, impedisce la normale produzione di altre cellule cruciali. Si tratta di globuli rossi, la cui carenza porta anemia e astenia profonda; globuli bianchi e neutrofili, in mancanza dei quali aumenta il rischio infettivo; piastrine, la cui mancanza determina un rischio emorragico».

Le terapie di supporto

In alcuni casi inoltre nella malattia leucemica il DNA si incattivisce – prosegue l’ematologo – portando a delle mutazioni a carico di vari geni. Con l’effetto di spingere ulteriormente la proliferazione delle cellule cancerose. «Più queste mutazioni si accumulano, più diventa difficile che la malattia risponda ai trattamenti. Tuttavia oggi sono possibili terapie innovative sperimentali che attraverso una stratificazione molecolare della patologia possono consentire cure più mirate». Nel caso di Berlusconi, «il miglioramento riferito può essere effetto delle terapie di supporto che vengono generalmente impiegate in questi casi, come eritropoietina, antibiotici ed eventuali trasfusioni. Gli effetti della chemioterapia invece – rileva Cerchione – non sono immediatamente visibili».

La compromissione renale

Anche il presidente della Società italiana di nefrologia Stefano Bianchi indica nei pazienti complessi il rischio di complicanze. «La eventuale comparsa di una problematica renale in questi casi – afferma – rappresenta ad esempio una possibile conseguenza ed un ulteriore elemento di preoccupazione che potrebbe condizionare gli interventi terapeutici e tende a rendere la prognosi sempre più impegnativa». Quanto alle cause che potrebbero determinare una compromissione renale, «in un paziente complesso possono essere molteplici. Lo stato settico, ovvero lo stato di infezione in sé, ma anche le terapie che vengono messe in atto, dalla chemioterapia agli antibiotici”. Per ripristinare la funzione renale, «si può ricorrere a terapie farmacologiche fino alla dialisi come ultima ratio. In una struttura di alto livello specialistico, tuttavia – conclude Bianchi – sarà messo in atto tutto ciò che è necessario e questo deve rendere ottimisti».

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