Standard & Poor’s conferma il rating dell’Italia: BBB. Per l’agenzia, «la politica fiscale di Meloni è in linea con governo Draghi»

L’economia italiana rallenta nel 2023, con una crescita del Pil attesa sullo 0,4%

Non ci sono variazioni nella valutazione che Standard & Poor’s fa dell’Italia: il rating resta “BBB” e l’outlook stabile. Ciononostante, l’agenzia rileva un rallentamento dell’economia nel 2023, con il Pil che dovrebbe crescere dello 0,4%. Nell’analisi di S&P, viene sottolineato come la «presidente del Consiglio Giorgia Meloni abbia finora perseguito un approccio moderato e pragmatico in relazione all’Europa e alla politica di bilancio», come si evince dall’approvazione della legge di Bilancio 2023. La Manovra, si legge, ha mantenuto un grado di prudenza fiscale «in linea con il suo predecessore Mario Draghi». L’agenzia mostra una certa attesa per la Manovra del prossimo anno: «Sarà importante nel valutare l’impegno del governo a questa prudenza». Il consolidamento fiscale, suppone S&P, «sarà graduale e contingente alla crescita e alle pressioni politiche». A proposito di quest’ultimo genere di «sollecitazioni», l’agenzia considera che le attuali preoccupazioni sulla salute di Silvio Berlusconi possano avere «limitati rischi politici».


Guardando al Pil dei prossimi anni, S&P ritiene plausibile una crescita dell’1% nel 2024, per poi salire ulteriormente all’1,4% nel 2025 e nel 2026. Il rating dell’Italia, però, potrebbe muoversi a ribasso se il debito non calasse e se «le riforme fossero attuate solo parzialmente, soprattutto quelle legate ai fondi Ue. Questo metterebbe a rischio la crescita e i conti pubblici e quindi andrebbe sotto pressione il debito». Chiosa S&P: «Se il governo dovesse procedere a un consolidamento di bilancio da 5,2 punti percentuali fra la fine del 2022 e la fine del 2026, il debito pubblico sarebbe intorno al 136% nel 2026, ben al di sopra della media dell’area euro e il terzo più alto fra i paesi dell’Ocse, dopo Giappone e Grecia». Cauto ottimismo, infine, sulla terza tranche del Pnrr. L’agenzia sostiene che, anche se è stata ritardata l’erogazione, «si attende che la situazione sarà risolta prima del terzo trimestre. L’intenzione del governo di rinegoziare parte del piano potrebbe causare ritardi nei futuri pagamenti, anche se non riteniamo che questo possa far deragliare il programma».


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