Gino & Michele e l’esordio di Checco Zalone: «Sale sul palco in canottiera rosa e saluta i detenuti: preso subito»

I due autori raccontano la loro carriera e gli aneddoti sui comici con cui hanno lavorato

Gino Vignali e Michele Mozzati sono i due autori dietro tanti must della comicità italiana. Hanno firmato la Smemoranda e i tanti libri delle Formiche che nel loro piccolo si incazzano. In tv sono stati i coautori di Drive In e, oggi, di Zelig. In un’intervista a Stefano Di Michele per il Corriere della Sera oggi raccontano la loro carriera. I due partono dal racconto del sodalizio con Jannacci: «In realtà con lui sono stati due o tre anni di amicizia molto intensa, in cui succedeva di tutto: non parlo di droghe, alcol o sesso, ma l’idiozia pura. Per esempio diceva: dai, prendiamo la 500 e attraversiamo la Galleria da piazza della Scala a piazza Duomo. Lui girava in Vespa, ma la usava senza cavalletto, scaraventandola contro un muro con la speranza che restasse in piedi. Mentre 9 volte su dieci cadeva per terra».


Le Formiche

Poi raccontano la genesi delle Formiche: «Lavorando coi comici ci è venuta l’idea di fare un sondaggio tra gli amici per eleggere la battuta del secolo tra un elenco di cento. Una sera allo Zelig abbiamo proclamato le dieci battute migliori, lette da Bisio e da Catania». La prima edizione vendette un milione di copie. La svolta della loro carriera è stata però la televisione: «La televisione. Abbiamo cominciato ad Antenna 3 nell’84 con Beppe Recchia. Mille ore di diretta senza capire molto, con la testa ancora nella satira. La trasmissione era Lo squizzofrenico, una boiata tra futurista e punk». Anche se qualcuno non la prese benissimo: «Dopo il debutto televisivo, mio padre al telefono mi disse quattro parole: ti devi solo vergognare. Punto. Questo è stato l’incipit. Beppe Recchia poi ci portò in Fininvest a Drive In, conoscemmo Antonio Ricci che in pochi anni ci insegnò la grammatica della televisione», racconta Gino.


Zelig

Invece Zelig è nato «con Giancarlo Bozzo, per pagare l’affitto del locale, viale Monza 140, un localaccio pieno di fermento artistico ma che faceva fatica a stare in piedi. Non riuscivamo a vendere il progetto in televisione. Angelo Guglielmi, con il quale avevamo fatto Su la testa di Paolo Rossi, ci adorava, voleva che facessimo un Bagaglino di sinistra, e ci disse: questa non è una trasmissione, è una ripresa televisiva». Ricordano tanti artisti passati di lì: «Rossi sul palco è impressionante. E Aldo Giovanni e Giacomo… La prima volta che ho visto i bulgari, 5 minuti senza aprire bocca…, piangevo dal ridere e mi sono detto: basta con la satira, voglio fare l’autore comico». Oggi Gino e Michele tentano di salvare il teatro.

Il debutto di Zalone

Infine i due raccontano l’incontro con Checco Zalone. «Dall’Italia gli autori ci mandavano allo Zelig i comici più interessanti per i provini, che venivano fatti a sala piena. Questo qua è arrivato una sera da Bari, non ne sapevamo niente, mai sentito: sale sul palco in canottiera rosa e la prima frase che dice è: voglio innanzitutto salutare gli amici detenuti della casa circondariale… È bastato per farci accendere tutte le spie». E poi: «Scendevano dal treno, la sera salivano sul palco e qualcuno magari poi dormiva in stazione per ripartire la mattina dopo. La leggenda narra che Zalone, quando ha visto che era l’ultimo, ha chiamato sua madre: sono a mezzanotte, figurati se mi prendono. Poi ha fatto anche la parodia dei neomelodici, ed è venuto giù il teatro. Preso subito».

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