La rabbia di Giorgia Meloni dopo lo scivolone sul Def e i sospetti sul «trappolone»: «Non ho parole, sono fuori dalla grazia del cielo»

Una spia che si accende su una maggioranza troppo sicura. La sindrome del 2011 e la paura di complotti

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha saputo della bocciatura del Def alla Camera mentre parlava con Sunak a Londra. E chi era con lei quando ha riavuto il telefono e ha letto i messaggi del sottosegretario Alfredo Mantovano la descrive come «fuori dalla grazia del cielo». E arrabbiatissima per lo scivolone. Nella chat con gli eletti FdI ha scritto «io non ho parole». Il primo pensiero, racconta il Corriere della Sera, è corso al «trappolone» degli alleati. In sintonia con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sui deputati che «non si rendono conto» della gravità della situazione. Poi sul banco degli imputati è salito anche il Quirinale. Colpevole di non aver offerto alcuna sponda al tentativo di dare via libera a un testo identico a Montecitorio: «Sembrava che avesse detto sì, invece poi è arrivato il no. Ci hanno voluto umiliare. Segno che non c’è alcuna collaborazione».


Il Cdm

Nel Cdm che si è svolto in gran fretta è stata approvata una nuova relazione. Il Senato è stato convocato per domani. Appena arriverà l’ok di Palazzo Madama si tornerà a Montecitorio. Dove ieri erano assenti cinque deputati di Fratelli d’Italia, nove di Forza Italia e 11 della Lega. L’obiettivo del governo è quello di chiudere l’iter entro e non oltre il 1 maggio. Quando invece è in programma un altro consiglio dei ministri per un decreto sul cuneo fiscale. Lo scostamento di bilancio va approvato con maggioranza assoluta da parte delle due camere perché lo prevede l’articolo 81 della Costituzione. Per questo ieri Giorgetti si è (ironicamente) autoaccusato: «È responsabilità mia tutto quello che è accaduto perché il sottoscritto nel 2012 ha scritto questa norma che richiede la maggioranza qualificata». Intanto il Fatto Quotidiano propone una chiave di lettura: quello che è successo è stato un segnale dei leghisti al “loro” ministro Giorgetti. Che non li ascolterebbe abbastanza.


Una spia che si accende

E mentre Meloni riflette sulla possibilità di far dimettere alcuni sottosegretari che siedono in parlamento, il Sole 24 Ore fa notare che l’inciampo è la spia del fatto che la maggioranza si sente troppo solida. E troppo sicura di sé. Mentre la premier è sola e vittima di «sciatteria». Come fosse una Penelope che tesse una tela che altri sfilacciano. Chi l’ha sentita a Roma, dice l’agenzia di stampa Ansa, parla di una premier parecchio irritata. Davanti ai cronisti appare molto dispiaciuta. La missione è stata «terremotata», scherza una cronista. E lei: «Ditelo a me…». Si palesa l’incubo di ogni premier, che una visita all’estero, una così cruciale, venga funestata da guai politici interni. «Sono incidenti di percorso che ho visto tante volte». E il gioco politico di raccontare una situazione più difficile di quella che era lo conosce altrettanto bene. Per questo vuole andare avanti.

Il complotto del 2011

Il Foglio invece racconta la sindrome del 2011 che sta cominciando ad accusare la maggioranza. Il riferimento è alla caduta dell’ultimo governo di Silvio Berlusconi sotto la spinta delle istituzioni internazionali (la lettera della Banca Centrale Europea). Il governo Meloni comincia a credere che il mercato stia preparando “l’incidente”. I segnali, in questa ottica, sarebbero tre. I fondi d’investimento che non credono in alcune delle nomine nelle partecipate, il consiglio di Goldman Sachs sull’investire in Btp spagnoli invece che su quelli italiani e il giudizio negativo di Moody’s in arrivo. Poi c’è la guerra con i “burocrati”, che ha offeso i dirigenti della Ragioneria. E l’Europa che ha smesso di crederle su Mes e Pnrr. Quel piano per il quale il suo ministro Fitto ha impiegato sei mesi solo per cambiare la governance.

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