First Republic Bank crolla, l’istituto verso la liquidazione: «Non c’è più tempo per il salvataggio»

Calo di 100 miliardi di dollari nei depositi dei clienti. Il valore delle azioni dimezzato

Secondo i media americani l’autorità di controllo bancario sta per mettere in liquidazione amministrativa coatta la First Republic Bank. Le sue azioni hanno chiuso la settimana a nuovi minimi, dopo che lunedì l’istituto di credito sotto pressione ha riportato un calo di 100 miliardi di dollari nei depositi dei clienti, peggiore del previsto. Il titolo è stato temporaneamente sospeso per volatilità prima di chiudere in ribasso del 43% a circa 3,50 dollaro per azione. Ha continuato la sua discesa nelle negoziazioni after-hour di venerdì. Nel corso dell’anno, le azioni di First Republic sono scese di circa il 97%. La sua capitalizzazione di mercato si è ridotta a 642,33 milioni di dollari.


Cosa succede

L’autorità americana ritiene che le condizioni finanziarie della banca siano deteriorate. E che non ci sia più tempo per trovare un acquirente nel settore privato. Se la banca che ha base a San Francisco dovesse essere messa in liquidazione sarebbe la terza banca americana a collassare da marzo. I depositi di First Republic avevano perso più di cento miliardi di dollari nel primo trimestre dell’anno. La Cnn scrive che decisivo nella crisi della banca è stata la sua “somiglianza” nel business con Silicon Valley Bank. Che ha dichiarato bancarotta a marzo. Gli investitori hanno fatto notare le affinità con la banca fallita e salvata e questo ha scatenato l’assalto virtuale agli sportelli dei depositanti. Patricia McCoy, professoressa di diritto a Boston, ha spiegato che i clienti più facoltosi sono quelli che spostano più velocemente i depositi in caso di voci su possibili difficoltà bancarie. «Sanno di avere altre opzioni e dispongono meccanismi per trasferire il denaro rapidamente», spiega McCoy.


Depositi volatili

Una base di depositanti «volatile» è in grado di mandare in difficoltà una banca e rappresenta un rischio per gli investigatori. Specialmente quando l’istituto di credito è di medie dimensioni. Le grandi banche come JpMorgan Chase hanno invece diversificato il più possibile la loro base di depositanti. Cercando di includere persone “normali” che non tendono a chiudere i conti per i rumors. Intanto ieri la Federal Reserve ha ammesso errori nella supervisione e una regolamentazione inadeguata nel caso di Svb, il più grave dal 2008. La Fed si è impegnata a rafforzare i controlli per le banche di medie dimensioni. Mandando così un segnale a un settore ancora sotto pressione e accelerando le difficoltà di FRB. Un rapporto del vicepresidente Michael S. Barr mette il focus sugli errori dell’istituto. Mentre un secondo rapporto della Federal Deposit Insurance sulla vigilanza della Fed su Signature Bank, fallita nell’ondata di panico seguito al caso Svb.

Perché le banche Usa falliscono

Secondo il documento la banca è cresciuta velocemente e i manager non si sono accorti di problemi evidenti. Come i 31 warning che affrontavano temi dalla liquidità alla tecnologia: un numero triplo rispetto agli istituti di credito delle stesse dimensioni. Delle quattro cause individuate nel documento, tre riguardano la Fed. E sono legate a carenze nella supervisione. Barr dice anche che gli errori sono stati trainati dalle modifiche legislative introdotto nell’era Trump. Che hanno allentato i controlli per le banche di medie dimensioni. Riducendo gli standard di sicurezza e promuovendo un approccio ai controlli meno assertivo. Tra le misure da implementare nei controlli Barr ha messo il ripristino delle regole per gli istituti di credito con oltre 100 miliardi di asset. Così come il riesame delle garanzie sui conti da oltre 250 mila dollari. Il rapporto denuncia anche la struttura eccessivamente burocratica della Fed e lo scarso controllo da parte del board della stessa Svb.

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