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Libertà di stampa, situazione “grave” in 31 paesi: è record. L’Italia riconquista le 17 posizioni perse lo scorso anno

03 Maggio 2023 - 11:54 Redazione
A renderlo noto è Reporters Sans Frontières (RSF) che sottolinea come la disinformazione, la propaganda e pure l’intelligenza artificiale rappresentino minacce crescenti per il giornalismo

La libertà di stampa è in pessime condizioni in un numero record di Paesi. A renderlo noto è Reporters Sans Frontières (RSF) che sottolinea come la disinformazione, la propaganda e pure l’intelligenza artificiale rappresentano minacce crescenti per il giornalismo. Secondo il World Press Freedom Index 2023, che valuta lo stato dei media in 180 Paesi e viene pubblicato in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa, oggi 3 maggio – la situazione è «molto grave» in 31 Paesi rispetto ai 21 di appena due anni fa, «difficile» in 42, «Problematica» in 55 e «Buona o soddisfacente» nei restanti 52. In sintesi, l’ambiente giornalistico è «cattivo» in 7 Paesi su 10 e «soddisfacente» solo in 3 su dieci. «C’è più rosso sulla mappa di RSF quest’anno che mai, poiché i leader autoritari diventano sempre più audaci nei loro tentativi di mettere a tacere la stampa», ha detto al Guardian il segretario generale dell’organizzazione non governativa con sede a Parigi, Christophe Deloire. «La comunità internazionale deve prendere coscienza della realtà e agire insieme, in modo deciso e rapido, per invertire questa tendenza pericolosa», ha concluso. Sul podio dei paesi più virtuosi, Norvegia – che occupa la testa della classifica da ormai 7 anni -, l’Irlanda e infine la Danimarca. I Paesi Bassi sono tornati tra i primi 10, salendo di 22 posizioni, dopo l’omicidio del 2021 del reporter di cronaca nera Peter R de Vries. Gli Stati Uniti perdono invece 3 posizioni; il Regno Unito si trova al 26esimo posto; l’Italia, infine, riconquista le 17 posizioni perse lo scorso anno.

Il ruolo dell’intelligenza artificiale

Il report mostra inoltre che i rapidi progressi tecnologici stanno consentendo ai governi e agli attori politici di distorcere la realtà. «La differenza tra vero e falso, reale e artificiale, fatti e artifici si sta offuscando, mettendo a repentaglio il diritto all’informazione», afferma il rapporto. «La capacità senza precedenti di manomettere i contenuti viene utilizzata per indebolire coloro che incarnano il giornalismo di qualità e indebolire il giornalismo stesso». L’intelligenza artificiale sta «provocando ulteriore scompiglio nel mondo dei media», si legge con strumenti di intelligenza artificiale «che digeriscono i contenuti e li rigurgitano sotto forma di sintesi che violano i principi di rigore e affidabilità». Allo stesso tempo, i governi stanno combattendo sempre più una guerra di propaganda. La Russia, che era già precipitata in classifica lo scorso anno dopo l’invasione dell’Ucraina, è scesa di altre nove posizioni, mentre i media statali ripetono servilmente la linea del Cremlino e i media dell’opposizione sono costretti all’esilio.

Il contesto italiano

Dopo il crollo dal 41° al 58° posto dello scorso anno, l’Italia sembra aver recuperato terreno. La Penisola è riuscita, infatti, a scalare la classifica attestandosi (nuovamente) alla 41esima posizione su 180 Paesi, e guadagnando di fatto le 17 posizioni perse nel 2022. Ciò che viene evidenziato dal report annuale è che in Italia la libertà di stampa continua a essere minacciata dalla criminalità organizzata, in particolare nel sud del Paese, oltre che da vari gruppi estremisti violenti. Questi ultimi sono notevolmente aumentati durante la pandemia e continuano, spiega Rsf, a ostacolare il lavoro dei professionisti dell’informazione, soprattutto durante le manifestazioni. Nel contesto politico (punteggio 64.20), in particolare, i giornalisti italiani godono per la maggior parte di un clima di libertà. «A volte, però, – si legge nel report – cedono alla tentazione di autocensurarsi, sia per conformarsi alla linea editoriale della propria testata giornalistica, sia per evitare una causa per diffamazione o altra forma di azione legale, sia per paura di rappresaglie da parte di gruppi estremisti o della criminalità organizzata». Dal punto di vista del contesto economico (punteggio 55.04), invece, permane rispetto all’anno precedente una precarietà crescente, aggravata dalla crisi, che mina pericolosamente il giornalismo e, quindi,  il suo dinamismo e la sua autonomia. Oltre a una generale condizione lavorativa di incertezza, nel contesto italiano persiste una polarizzazione della società che ha colpito i giornalisti durante la pandemia e che, inoltre, si è cristallizzata attorno a questioni politiche o ideologiche legate all’attualità.

Il record (negativo) della Tunisia

Alcuni dei maggiori cali dell’indice del 2023 si sono verificati in Africa: il Senegal è sceso di 31 posizioni, principalmente a causa delle accuse penali mosse contro due giornalisti, Pape Alé Niang e Pape Ndiaye. La Tunisia ha perso 27 posizioni a causa del crescente autoritarismo del presidente Kaïs Saïed, passando dal 94° al 121° posto su 180 Paesi e perdendo così 27 posizioni. Reporter Sans Frontieres giudica la Tunisia presieduta da Kaïs Saïed «sempre più autoritaria e intollerante alle critiche della stampa». Dalla rivoluzione del 2011 – che ha cacciato il presidente Ben Ali fuori dal paese – «la Tunisia ha vissuto una transizione democratica con molti colpi di scena. Il colpo di stato del presidente Kaïs Saïed nel luglio 2021 ha sollevato timori di un declino della libertà di stampa», spiega l’organizzazione no-profit, sottolineando come «la crisi economica ha indebolito l’indipendenza di molte redazioni, dominate da interessi politici o economici, e ha minato il nascente pluralismo mediatico».

In particolare, i media locali dipendono da «inserzionisti privati, alcuni dei quali detengono quote del loro capitale e possono essere vicini all’ambiente politico, un contesto che minaccia l’indipendenza editoriale della redazione. I loro introiti pubblicitari dipendono anche dal loro pubblico, e il calcolo è scarsamente regolamentato e molto contestato», scrive ancora Rsf che denuncia infine come «l’intimidazione dei giornalisti sta diventando un luogo comune e i reporter devono spesso affrontare la violenza dei manifestanti tunisini. Un nuovo limite è stato raggiunto il 14 gennaio 2022, quando un corrispondente di diversi media internazionali è stato picchiato e una decina di altri giornalisti sono stati brutalizzati mentre seguivano una manifestazione, e nel febbraio 2023, con l’arresto del giornalista e direttore della radio Mosaïque, Noureddine Boutar».

La metodologia

A partire dal 2022 la Ong di Parigi considera il dato relativo agli abusi e alle violenze uno degli elementi principali della sua metodologia. Tuttavia, il questionario somministrato si basa anche su cinque indicatori che la “libertà di stampa” così descritta: «La capacità dei giornalisti di selezionare, produrre e diffondere notizie di interesse pubblico indipendentemente dalle interferenze politiche, economiche, legali e sociali e in assenza di minacce per la loro sicurezza fisica e mentale». Sulla base di questa definizione, il questionario e la mappa sulla libertà di stampa sono suddivisi in cinque distinte categorie o indicatori (contesto politico, quadro normativo, contesto economico, contesto socioculturale e sicurezza).

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