Cibo triste addio, per i giovani italiani sano fa rima con gustoso

in collaborazione con Snello Rovagnati

Diritto al benessere, la ricerca di Open in collaborazione con Snello Rovagnati sul benessere alimentare tra gli under 35

Rinunciare al gusto non è sinonimo di salute. E i giovani che abbiamo intervistato lo sanno. Eppure, lo stereotipo del cibo triste ma sano continua a tramandarsi da una generazione all’altra, insieme alla narrazione di una ricerca del benessere alimentare che oscilla tra i cibi buoni e quelli cattivi, tra il permesso e il proibito, tra una salute da difendere e il gusto a cui si pensa di dover rinunciare. Essere consapevoli del valore del cibo al di là dei bombardamenti social di metodi light e diete magiche, è qualcosa di non sempre scontato. La cultura del mangiare dei cibi gustosi come “premio” è uno degli equivoci più grandi nella concezione dello stare bene a tavola. 


Basti pensare che gli alimenti su cui più spesso si accendono i campanelli d’allarme delle false credenze – pane, pasta, pizza, salumi e dolci – sono parte integrante del modello alimentare per eccellenza, patrimonio dell’Unesco, considerato esempio sano e sostenibile di corretta alimentazione. Si chiama dieta mediterranea, ma nulla a che fare con l’idea di regime alimentare talvolta privativo con cui ci si ritrova spesso a combattere.


Il grande equivoco tra la ricerca dell’alimento perfetto e la monotonia dei sapori

Scorrendo l’elenco dei cibi di un’alimentazione considerata sana ci si accorge presto di quanto anche cereali, compresi pasta, pane e riso, siano elementi fondamentali nella dieta di tutti i giorni. Sui grassi poi la parola chiave usata dal documento delle Linee Guida per l’alimentazione del ministero della Salute è “qualità” e non certo “divieto”. «La diversa qualità dei grassi può avere effetti importanti sullo stato di nutrizione e di salute dell’uomo», spiegano gli esperti. Stesso discorso per carne e salumi, certamente presenti, anche se nella giusta misura, in un regime alimentare sano.

Continuando a leggere le Linee Guida ci si accorgerà presto di un quadro ricco di differenti alimenti e nutrienti, ritenuti indispensabili proprio in virtù della loro varietà. Mentre l’equivoco più frequente nella ricerca del proprio benessere alimentare è il tentativo di trovare una rosa piuttosto scarna di alimenti perfetti, pochi cibi a cui affidarsi durante il giorno e sempre gli stessi che dovrebbero così garantirci tutte le sostanze necessarie. Un’interpretazione del mangiare sano da cui i giovani sembrano allontanarsi sempre di più: «cerco spesso di variare», rispondono, interrogati sul metodo migliore da adottare per mangiare sano. Ed è sulla libertà di scegliere cibi sempre diversi da gustare durante la giornata che si basa la consapevolezza di un benessere senza sensi di colpa e privazioni. «Comportarsi in questo modo», spiegano anche su questo le Linee Guida, «significa non solo evitare il pericolo di squilibri nutrizionali e di possibili conseguenti squilibri metabolici, ma anche soddisfare maggiormente il gusto e combattere la monotonia dei sapori».

Nonostante la pandemia abbia portato una maggiore attenzione al tema della sana alimentazione, l’aderenza alla dieta mediterranea risulta ancora bassa: secondo il report Food Mood, il monitoraggio sui nuovi atteggiamenti degli adolescenti nei confronti del cibo, nell’era del Covid-19 di CREA Alimenti e Nutrizione, su iniziativa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in collaborazione con ANBI, il 60% della popolazione italiana non segue il modello dell’alimentazione mediterranea. Il 54% dei giovani interrogati ha poi dichiarato di aver cambiato le proprie abitudini alimentari. Il quadro che ne emerge è pieno di luci e ombre, di vecchie abitudini da scardinare e nuove forme di attivismo per il benessere. Proprio su queste ultime indaga la nostra ricerca Diritto al benessere sulla percezione del benessere alimentare tra i giovani under 35.

Tra colazioni salate, pasti in compagnia e cibi del cuore, le abitudini degli under 35 per un reale benessere alimentare

Se il tema della concessione e del premio è ancora uno stereotipo da combattere, la difesa di una maggiore consapevolezza di quello che si mangia e della stretta connessione con il proprio stato di salute è diventata una delle questioni più affrontate dalle nuove generazioni. Così, dai giovani interrogati nel progetto sul benessere alimentare Diritto al benessere, realizzato in collaborazione con Snello Rovagnati, è emersa la ricerca di conquistare delle abitudini quotidiane migliorative del proprio benessere generale. Tra colazioni salate, per variare dai soliti gusti e alimenti anche nel primo pasto della giornata – complice la contaminazione culturale che sta portando anche tra i giovani italiani le tradizioni anglosassoni; idee di ricette semplici ma gustose per quando il tempo è poco o si è costretti a preparare la famosa schiscetta; e infine, proprio la contemporanea ricerca di maggiore tempo da dedicare ai pasti, da soli o in compagnia. Per prendersi cura di sé.

«Sono arrivata alla consapevolezza che mangiare sano non significa rinunciare al gusto», dice Anna, studentessa di 22 anni, spesso alle prese con la scelta e preparazione di pranzi da consumare fuori casa. «Dopo la pandemia ho dato molto più valore ai pasti fatti in compagnia, la condivisione di un momento piacevole passa anche dal cibo, che sia un panino con il prosciutto con gli amici dell’università o un piatto di pasta in famiglia», spiega Francesco, 25 anni. E poi la conquista di una maggiore libertà nel mangiare i piatti del cuore quando se ne ha bisogno, come per Greta, studentessa diciannovenne: «adoro il gelato e ho cominciato a capire che mangiarne nella giusta quantità non mi fa stare male, anzi: mi fa stare meglio!».