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La confessione di Alessandro Impagnatiello per l’omicidio di Giulia Tramontano: la giornata da barman, gli sms, la premeditazione

alessandro impagnatiello omicidio giulia tramontano confessione
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Le ha mandato messaggi Whatsapp mentre sapeva che era morta. Ha tenuto il corpo per giorni nell'auto. Voleva fuggire

Il barman Alessandro Impagnatiello ha nascosto il cadavere di Giulia Tramontano per un giorno intero nella sua auto. E ha mandato un messaggio Whatsapp al suo numero di cellulare mentre era già morta, per continuare la recita con i genitori di lei. «Prima in casa continuavo a guardare la nostra foto della vacanza a Ibiza. So che non sono stato un fidanzato ideale negli ultimi mesi, dicci solo che stai bene», è il testo. Nella sua confessione ha invece sostenuto di aver “aiutato” Giulia a uccidersi: «Si era fatta dei tagli. L’ho aiutata spingendo il coltello nel collo». Quando i genitori di Tramontano sono arrivati a Senago, sono volate parole grosse e schiaffi. Lui invece ha chiamato la sua prima ex per chiederle di farle vedere il figlio: «Voglio stare con lui». La risposta: «Ma sei pazzo? Stanno cercando il corpo di Giulia e tu vuoi che ti porti nostro figlio?».

Le origini e la famiglia

Nato a Sesto San Giovanni, Impagnatiello è cresciuto con la famiglia proprio a Senago. Ha avuto una relazione dalla quale otto anni fa è nato un bambino. Nel 2020 l’incontro con Giulia. Poi, l’estate scorsa, il legame con la ragazza italo-inglese 23enne. Che sapeva del rapporto con Tramontano. Ma alla quale Impagnatiello diceva che lei aveva problemi mentali. Ma la collega durante un viaggio nota le foto di lui con una ragazza incinta. E allora lui nega di essere il padre: «Quel figlio che aspetta non è mio». E le fornisce anche un test del Dna per provarlo. Ma è falso. E allora la collega si mette in contatto con Giulia e invita Impagnatiello a raggiungerle per un incontro chiarificatore. Proprio all’Armani Bamboo dove entrambi lavorano. Ma lui non va. Lei invece sì. Quando torna a casa scoppia la lite. Poi l’omicidio. Lunedì 29 maggio Impagnatiello va dai carabinieri di Senago a denunciare la scomparsa di Tramontano.

Il trasporto del corpo

Ai militari racconta che la ragazza è scomparsa. Dice dell’incontro con la barman. E di quello tra loro due. Sostiene che Giulia sia uscita dopo mezzanotte da casa. Poi era rientrata. Aggiunge che domenica l’aveva lasciata a letto per andare a lavoro. Da allora nessuna notizia. Tranne alcuni sms che sembrano tranquillizzare. Il telefono è staccato, la carta di credito e i contanti sono spariti. Non c’è nemmeno il passaporto. I militari accertano che il cellulare non si è mai mosso da casa. A quel punto le telecamere di sorveglianza registrano Impagnatiello mentre esce di casa pochi minuti dopo la mezzanotte e rientra alle 3 e 15. Esce di nuovo alle 3 e 22 con un lenzuolo arrotolato che lascia nell’auto parcheggiata all’esterno. Poi ci infila anche due pacchi di vestiti. Mercoledì mattina il test del Luminol sull’auto dà risultati positivi. E lui viene indagato per omicidio.

La confessione

«Martedì mattina verso le 7, vado in cantina e tiro fuori il corpo trascinandolo verso il box. Poi porto la macchina nel box e carico il corpo nel bagagliaio. Il corpo di Giulia viene lasciato nella macchina fino alla notte di mercoledì quando decido di gettarlo, intorno alle 02.30 del mercoledì in quel posto che già conoscevo dove poi è stato rinvenuto e che ho comunicato ai carabinieri», si legge nella confessione. Impagnatiello precisa inoltre che «da quando ho messo il corpo di Giulia nel bagagliaio martedì, io ho comunque usato la macchina andandoci in giro con il cadavere nel bagagliaio».

«Mi diceva che non voleva più vivere»

Nella confessione ci sono dettagli importanti. «Mi diceva che non voleva più vivere», racconta il 30enne. Che secondo i pm «ha dimostrato di essere in grado di mentire ripetutamente e di cambiare più volte versione dei fatti». Agli inquirenti Impagnatiello ha raccontato quindi che la compagna «si era già inferta qualche colpo all’altezza del collo». E allora «per non farla soffrire, le ho inferto anche io tre o quattro colpi all’altezza del collo». A quel punto la donna, incinta di 7 mesi, sarebbe «stremata a terra e io le dicevo che era finita e che doveva riposarsi». Durante l’accoltellamento, durato – a quanto riferisce l’uomo – «pochi minuti», Giulia avrebbe «tentato di divincolarsi in maniera debole» e senza urlare.

Baby dove sei?

Sempre nel pomeriggio di domenica Impagnatiello, che aveva già ucciso Giulia la sera prima, le mandava messaggi sul suo telefono con scritto «baby dove sei? Ci stiamo preoccupando tutti». E il giorno dopo: «Dicci solo che sei fuggita in qualche paese lontano». Nel verbale della sua confessione si leggono frasi come «non sono riuscito nell’intenzione di ridurre il corpo in cenere». E ancora: «Quando io faccio la denuncia di scomparsa il cadavere di Giulia era nel box». E al pm che gli chiede «non ha temuto che i carabinieri aprissero il box?», lui risponde: «Forse speravo lo facessero».

Nessun complice

Impagnatiello ha sostenuto di non aver chiesto aiuto ad alcuno: «Forse mia mamma ha dubitato, ma per 30 anni non ho dato mai motivo che potessi mai fare una cosa simile». Tra le esigenze cautelari contestate il pericolo di inquinamento probatorio, quello di fuga, anche perché nei giorni dopo l’omicidio faceva ricerche per acquistare uno «zaino da trekking» per una «fuga veloce». E infine il pericolo di reiterazione per la sua «pericolosità sociale» e per la «crudeltà» di aver ucciso con premeditazione anche il «figlio che ella portava in grembo». Anche l’amante, scrivono i pm, aveva timore di lui: non voleva fare la stessa fine di Giulia.

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