La rivelazione dell’ex tennista Sara Ventura: «Ho subito abusi di ogni tipo. A 13 anni l’allenatore entrava nel mio letto»

Coercizioni, insulti, molestie e svilimenti: ecco cosa ha subito la nota personal trainer nei suoi anni di allenamenti sportivi

«Ho subito abusi di ogni tipo». A rivelarlo è Sara Ventura, ex tennista professionista e attualmente personal trainer di successo. «A volte, in trasferta, dividevo la camera con l’allenatore. Lo facevo per risparmiare, ma dovevo stare attenta che, di notte, andasse tutto bene», inizia a spiegare in un’intervista di Nina Verdelli per Vanity Fair. Un racconto di molestie subite per molto tempo, che si aggiunge a quello di tante altre donne che in questi anni hanno fatto luce sugli abusi nel mondo dello sport. Ventura rivela della paura di andare a dormire perché il suo coach, quando si spegnevano le luci, le entrava nel letto. «Lo cacciavo, avevo solo 13 anni», dice l’atleta. Si parla di molestie sessuali, avvenute più volte. E il suo non sarebbe stato un caso isolato, ma un sistema normalizzato: «Ne parlavo con le altre tenniste, ragazze un po’ più grandi. Ma mi dicevano: “Eh sì, funziona così, ci siamo passate anche noi”». E aggiunge: «Ho imparato a dormire con la racchetta vicino».


Coercizioni, insulti e svilimenti

Sara Ventura oggi ha 47 anni e il suo obiettivo è riuscita a realizzarlo: «Diventare la coach che non avevo mai avuto». In tanti anni di sport racconta di non aver mai trovato un allenatore alleato: «Mai. I miei mi hanno abituata a coercizioni, insulti e svilimenti». Come quella partita dei campionati europei in cui decise di tirare forte la prima palla di servizio, consapevole fosse un rischio. «Testa di cazzo, ti mando a casa a calci in culo»: questo è stato il servizio che le ha poi riservato l’allenatore, il quale – nonostante poi lei avesse vinto – non le ha permesso di giocare tutto il resto della settimana per punizione. Lo stesso che alla vigilia di quel match aveva fatto l’ennesima incursione notturna nel letto dell’allora ragazzina Ventura.


La famiglia (mancata)

Anni duri che l’hanno poi portata a dire addio al Tennis: «Ero brava: avevo il talento, il fisico, la tigna. Mi ero prefissata di arrivare tra le prime 100 al mondo entro i 30 anni. Non ce l’ho fatta, ho mollato tutto. Mai più toccato una racchetta. Ho impiegato anni di psicoanalisi per elaborare questo fallimento». Un ambiente violento da cui non riusciva a trovare rifugio neanche in famiglia. «Mio padre era un uomo freddo, introverso, non avevamo grandi rapporti, e mia madre è mancata che avevo 12 anni», racconta Ventura che poi ha iniziato a vivere da sola in un collegio vicino a Roma.

La paura di ritorsioni

E la denuncia? Come spesso accade, il timore di ritorsioni, l’ambiente omertoso e la mancanza di una rete di supporto in famiglia l’hanno portata a non dire niente per tanti anni. «Se parlavi, se uscivi dalla federazione, la tua carriera era finita. Tutti sapevano, nessuno diceva una parola. Le ragazze più fortunate, quelle con una famiglia alle spalle, a volte venivano prese e portate via. Io potevo contare solo su me stessa», dice l’atleta. Ventura riconosce, infine, che il suo vissuto ha un’origine ben precisa: «Questi problemi persisteranno finché in Italia non verrà sradicato il patriarcato. E avere una donna al governo, questa donna, non significa promuovere l’emancipazione femminile».

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