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«Violentata per 15 anni dai genitori affidatari anche in riti satanici»: la Procura di Milano chiude le indagini

09 Giugno 2023 - 11:20 Redazione
violenza sessuale parrucchiere milano
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La donna, che adesso ha 41 anni, aveva più volte provato a denunciare gli accaduti

15 anni, tra il 2000 e il 2015: tanto sarebbe durato l’incubo di una giovane, appena maggiorenne, costretta dai genitori affidatari a subire «violenze sessuali, anche di gruppo» anche in «un contesto di riti satanici e messe nere». La Procura di Milano ha chiuso le indagini, in vista della richiesta di processo, con l’accusa di riduzione in schiavitù per la coppia. Contesta agli indagati di aver esercitato sulla donna «poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà».

I fatti

Nel 2002 sarebbe anche venuto alla luce un figlio, frutto delle violenze subìte dalla giovane dal padre affidatario, a cui viene contestato anche il reato di violenza sessuale di gruppo. Tre anni dopo, la donna sarebbe stata vittima di abusi durante riti satanici e messe nere a cui avrebbero preso parte «diversi uomini, non meglio identificati», vestiti con «tuniche bianche e cappucci», anche in uno «studio di registrazione insonorizzato» e alla «presenza di un crocifisso capovolto». In quel contesto la donna sarebbe stata anche ferita con un coltello con« incisioni sulla schiena e sulle gambe» e sottoposta a «torture».

La vittima avrebbe provato a scappare, trasferendosi in un’altra regione nel 2006. Ma non ci sarebbe riuscita: la coppia sarebbe andata a riprenderla, per poi sottoporla ad ulteriori violenze. Sarebbe stata anche «segregata in una intercapedine» e poi «nascosta all’interno di una botola». L’attività investigativa, coordinata dal pm della Dda Stefano Ammendola, era iniziata lo scorso ottobre, quando la vicenda era venuta a galla. A novembre, il Tribunale del riesame di Milano aveva revocato la misura dell’obbligo di dimora e di divieto di avvicinamento con braccialetto elettronico per i due coniugi. La donna, che adesso ha 41 anni ed è assistita dal legale Massimo Rossi, aveva più volte provato a denunciare gli accaduti, ma i genitori avevano sempre negato, sostenendo che quanto raccontato era semplicemente un’invenzione.

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