Maturità, studente sorpreso con lo smartphone durante la seconda prova viene bocciato: cosa rischia ora

L’episodio in un liceo di Sulmona, gli ispettori del ministero avvieranno un’indagine. La preside: «Dispiace per il ragazzo, ma non si transige»

Al Liceo umanistico Giambattista Vico di Sulmona uno studente è stato sorpreso a utilizzare lo smartphone durante la seconda prova dell’esame di maturità per l’indirizzo economico-sociale. Accortasi di quanto stava accadendo, la Commissione è intervenuta annullando l’elaborato del ragazzo ed escludendolo dall’esame per aver commesso una infrazione delle regole imposte per lo svolgimento delle prove. La preside ha dato ragione alla commissione esaminatrice, che ha applicato il regolamento. «Non entro nel merito della vicenda non facendo parte della commissione ma non si è fatto altro che rispettare le regole. Dispiace per il ragazzo ma sul punto non si transige», ha detto la dirigente scolastica Caterina Fantauzzi. Ma per lo studente che ha utilizzato lo smartphone potrebbe non essere finita qui. Gli ispettori ministeriali sono stati informati dell’accaduto e potrebbero aprire un’indagine.


Copiare a un esame di Stato è reato

Lo studente di Sulmona dovrà ora ripetere l’anno scolastico, essere ammesso all’esame di maturità e affrontarla nuovamente. Ma non solo. Gli ispettori del ministero dell’istruzione hanno già avviato le verifiche che porteranno all’apertura dell’indagine. Il giovane ha infatti violato la circolare ministeriale che fa divieto agli studenti di usare «dispositivi elettronici quali telefoni cellulari, smartphone, smartwatch e qualsiasi altro strumento in grado di consultare file, inviare fotografie o utilizzare tecnologie come luce infrarossa o ultravioletta». Essere sorpresi a copiare, o ad aiutare a copiare, durante un esame di Stato si configura poi come reato, secondo la legge n. 475 del 19 aprile 1925. Nel primo articolo, si legge: «Chiunque in esami o concorsi, prescritti o richiesti da autorità o pubbliche Amministrazioni per il conferimento di lauree o di ogni altro grado o titolo scolastico o accademico, per l’abilitazione all’insegnamento od all’esercizio di una professione, per il rilascio di diplomi o patenti, presenta, come propri, dissertazioni, studi, pubblicazioni, progetti tecnici e, in genere, lavori che siano opera di altri, è punito con la reclusione da tre mesi ad un anno. La pena della reclusione non può essere inferiore a sei mesi qualora l’intento sia conseguito».


Leggi anche: