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Ki Group: così un’altra azienda che fu di Daniela Santanchè vuole salvarsi senza restituire la Cig Covid

01 Luglio 2023 - 05:10 Redazione
daniela santanchè cig covid ki group
daniela santanchè cig covid ki group
Tre enti controllati da ministri del governo Meloni dovranno dare l'ok. L'ipotesi falso in bilancio per Visibilia e aggiotaggio per Negma

C’è un altro concordato in ballo per Daniela Santanchè. Dopo aver chiesto all’Agenzia delle Entrate, che risponde al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, di evitare il fallimento di Visibilia, ora sotto la lente c’è Ki Group. Ovvero l’azienda di cibo biologico che la ministra del Turismo ha gestito fino al 2022. E nella quale attualmente detiene una partecipazione indiretta. Qui, spiega Il Fatto Quotidiano, a decidere sarà Invitalia. Ovvero l’azienda che gestisce i prestiti del governo alle imprese. Anche questa è di proprietà di via XX Settembre. Ma risponde al ministro delle Imprese Adolfo Urso. Mentre all’Inps gestito dalla ministra del Lavoro Marina Calderone spetterà il compito di decidere sugli aiuti della cassa integrazione Covid.

La società del cibo biologico che Santanchè gestiva insieme all’ex compagno Canio Mazzaro ha infatti avanzato al Tribunale di Milano una proposta di concordato semplificato. Nel mirino ci sono i 2,7 milioni di contributi pubblici ottenuti come prestito Covid da Invitalia. Attraverso il Fondo Patrimonio Pmi. Soldi che servivano per pagare fornitori e dipendenti. E di cui oggi l’opposizione chiede conto alla responsabile del turismo. Il ricorso si è reso necessario perché la via della procedura negoziata iniziata nello scorso marzo «non ha prodotto i risultati sperati», secondo gli amministratori. Le procedure concorsuali sono sospese. La proposta di concordato è stata scritta dallo studio legale Lca di Milano. E prevede il pagamento del 100% degli emolumenti dovuti ai lavoratori. Il piano prevede l’intervento di un’altra azienda che si chiama Bioera.

Concordato semplificato

Santanchè ne è stata consigliera fino al 2021 insieme a Mazzaro. Bioera dovrebbe rilevare marchi e partecipazioni di Ki Group per 1,5 milioni di euro, così come un immobile del valore di 1,1 milioni sotto ipoteca che si trova a Perugia. Il tutto servirebbe a coprire le perdite di Ki Group. Ma attenzione. Perché il piano prevede anche il soddisfacimento parziale, nella misura del 28%, dei crediti bancari garantiti all’80% dallo Stato, tramite il Medio Credito Centrale. Mentre i fondi pubblici Covid non saranno restituiti. Lo si legge, spiega il quotidiano, a pagina 21: «Non è previsto alcun soddisfacimento per i crediti postergati. Tale è da qualificarsi Invitalia, relativamente al prestito obbligazionario ai sensi del decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze di concerto con il ministro dello Sviluppo economico per un importo complessivo di 2,7 milioni».

Ki Group e Santanchè

I fondi arrivarono il 18 marzo 2021: all’epoca Ki Group Srl era partecipata al 5% da Immobiliare Dani Srl, società amministrata e posseduta al 95% dalla Santanchè, che era anche presidente di Bioera, azionista di controllo di Ki Group Holding. Dovrebbe invece arrivare in autunno e comunque dopo la decisione dell’Agenzia delle Entrate sulla richiesta di transazione avanzata da Visibilia srl in liquidazione e dei Tribunale sul capitolo fallimentare, la chiusura delle indagini sul gruppo fondato da Santanchè e in cui la ministra del Turismo e senatrice di FdI, è tra gli indagati per bancarotta e falso in bilancio. La risposta del fisco alla proposta avanzata di saldare il debito di un milione e 200 mila euro, in pratica spalmato in 10 anni, potrebbe essere una sorta di spartiacque con ricadute sul profilo fallimentare e penale.

La possibilità di chiudere la liquidazione

Infatti così si chiuderebbe la posizione di Visibilia srl in liquidazione con la revoca da parte della Procura dell’istanza di fallimento come è già accaduto per Visibilia Editore e Visibilia Holding. Rimarrebbe aperta la posizione solo di Visibilia Concessionaria. Oggetto, come si legge in una memoria difensiva, di «rilevanti interventi posti in essere tempestivamente dalla Società e dai suoi Soci». In base ai quali «i rilievi contenuti nel ricorso per la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale presentata dal Pubblico Ministero sono da considerarsi superati». Nel caso in cui la situazione venisse in qualche modo sistemata, cadrebbe per legge l’accusa di bancarotta. Rimarrebbe, scrive l’Ansa, solo il falso in bilancio, accusa per la quale dopo la conclusione dell’indagine, salvo ripensamenti dei pm e indagini difensive solide, si profila per la ministra – nonostante nel 2022 non abbia più incarichi e le quote di maggioranza – e i suoi coindagati una richiesta di processo.

L’aggiotaggio per Negma

Rimane anche viva l’ipotesi aggiotaggio su Negma. Il fondo, con base negli Emirati e alle British Virgin Islands, che tra le varie società in difficoltà, ha finanziato, attraverso la sottoscrizione di un prestito obbligazionario convertibile, Visibilia Editore. Il pm Paolo Filippini, tra l’altro, è in attesa di una relazione di Consob sull’analisi delle operazioni per verificare se ci siano state o meno condotte manipolative per poi eventualmente fare iscrizioni nel registro degli indagati. Dal canto suo la Commissione si è già espressa ufficialmente sui Poc lo scorso 3 maggio e, da ambienti Consob, si è saputo che le recenti operazioni di prestiti obbligazionari convertibili sono all’attenzione dell’organismo di vigilanza in tutti i loro aspetti.

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