Il farmaco Leqembi rallenta l’Alzheimer, via libera negli Usa: come funziona e i rischi emersi dai test

I trial clinici dimostrano che il farmaco rallenta il declino della malattia degenerativa, ma la sua efficacia e i rischi per la sicurezza destano ancora alcuni interrogativi

La Food and Drug Administration ha dato piena approvazione a Leqembi, il farmaco che rallenta – seppur moderatamente – l’avanzata dell’Alzheimer. A gennaio l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei farmaci aveva dato un prima via libera al farmaco sulla base degli incoraggianti risultati ottenuti nei test. Gli interrogativi però sono ancora tanti. Allo stato attuale, il farmaco comporta notevoli rischi per la sicurezza e nel corso dei trials clinici avrebbe fatto registrare casi di emorragia cerebrale, che in alcuni casi sono risultati fatali. Ed è per questo motivo che la Fda ha ordinato che il farmaco sia venduto con un black box warning, l’etichetta di effetti collaterali riservata solo per i prodotti a più alto rischio. Nonostante ciò, Leqembi è il primo farmaco contro l’Alzheimer a ottenere la piena approvazione dell’ente governativo americano e i dati dimostrano che il suo uso può rallentare, anche se in modo modesto, il declino cognitivo nelle prime fasi della malattia.


Come funziona e quali sono i rischi

L’anticorpo monoclonale contenuto in Leqembi è stato testato con un ampio studio clinico che ha coinvolto 1800 pazienti. Ad di loro è stato somministrato il farmaco per via endovenosa una volta ogni due settimane per un periodo di 18 mesi, mentre il resto dei partecipanti ha ricevuto un’iniezione placebo. I risultati del test mostrano che Leqembi può rallentare il declino cognitivo nei pazienti con sintomi lievi di circa cinque mesi. In termini percentuali, i pazienti che sono stati trattati con il farmaco hanno fatto registrare un declino cognitivo del 27% più lento rispetto ai pazienti trattati con un placebo. Fin dalle prime fasi di ricerca, Leqembi è stato studiato per prendere di mira l’amiloide, una proteina che si accumula nel cervello formando alcune placche, segno distintivo dell’Alzheimer. Dei 1800 pazienti coinvolti nello studio clinico, a 688 è stato misurato il carico di placche amiloidi presenti nel cervello. All’inizio dello studio, il livello medio era di 77,92. Dopo 18 mesi, il numero medio di placche è sceso a 55,48 tra i pazienti trattati con il nuovo farmaco. La comunità scientifica sembra piuttosto concorde nell’affermare che i risultati ottenuti da Leqembi sono estremamente significativi per la lotta contro l’Alzheimer, ma rappresentano un vantaggio modesto – se non addirittura scarso – dal punto di vista clinico. Un articolo pubblicato su Nature – e firmato dai neuroscienziati Madhav Thambisetty e Robert Howard – insiste proprio su questo aspetto e chiede più trasparenza per quanto riguarda la sicurezza del prodotto. Durante lo studio, scrive il New York Times, quasi il 13% dei pazienti trattati con Leqembi ha manifestato gonfiore cerebrale e il 17% ha avuto emorragie cerebrali.


Quanto costa e chi può prenderlo

Il farmaco, fa sapere la Fda, avrà un costo di 26.500 dollari all’anno e potrà essere somministrato a chi ha ricevuto una diagnosi di Alzheimer e si trova ancora nelle prime fasi della malattia. A coprire l’80% del costo ci penserà Medicare, l’assicurazione sanitaria pubblica negli Stati Uniti per gli over 65. Di conseguenza, il costo del trattamento dovrebbe aggirarsi intorno ai 5mila euro annui per ogni paziente, a cui andranno aggiunte ovviamente le spese per visite ed esami di controllo. In questo momento, calcola il New York Times, sono circa 1,5 milioni le persone negli Stati Uniti che hanno tutti i requisiti richiesti per poter assumere Leqembi. Altri 5 milioni, invece, soffrono di Alzheimer ma non possono assumere il farmaco perché la loro malattia si trova già in uno stadio troppo avanzato.

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