Dopo il Covid, Pfizer punta sulla pillola anti obesità: «È un mercato da 90-100 miliardi di dollari». Ma prima altri due vaccini

I primi (pochi) dettagli emersi dai documenti del colosso farmaceutico inviati a Goldman Sachs per un incontro con gli analisti finanziari

Sarà la pillola anti obesità, che si sta testando anche per il diabete di tipo 2, la nuova frontiera di Pfizer, il colosso farmaceutico che negli ultimi due anni ha scalato le classifiche mondiali di fatturato del settore grazie ai vaccini mRNA usati per il Covid. Secondo i vertici di Pfizer il mercato di riferimento della pillola anti-obesità vale fra 90 e 100 miliardi di dollari l’anno, ma sarà affollato perché almeno altre due case farmaceutiche sono in fase avanzata di sperimentazione dello stesso farmaco: Eli Lilly e Novo Nordisk.


I particolari – non troppo dettagliati – sulla sperimentazione del nuovo farmaco sono contenuti nella documentazione che la stessa Pfizer ha inviato a Goldman Sachs group a corredo di un incontro avuto dal vicepresidente esecutivo e direttore del settore ricerca e sviluppo della casa farmaceutica, William Pao, a metà giugno con gli analisti finanziari specializzati nel settore di riferimento. Pfizer spiega di avere due catene di sperimentazione su diabete e obesità legati all’efficacia di due molecole: il danuglipron e il lotiglipron.


Secondo le informazioni diffuse da Pao: «Il danuglipron è stato sviluppato prima, quindi abbiamo più dati sui pazienti, e questa è la recente pubblicazione in cui abbiamo dimostrato una riduzione significativa dell’emoglobina A1c, del glucosio plasmatico a digiuno e della perdita di peso. Poi c’è il lotiglipron, che è stato sviluppato prima, ma è arrivato più tardi.Quindi le differenze principali, ad un livello molto alto, sono che il danuglipron viene somministrato due volte al giorno, mentre il lotiglipron viene somministrato una volta al giorno. Al momento, entrambi sono in fase di sviluppo. Per entrambe le molecole, abbiamo effettuato una titolazione rapida per arrivare alla prova di concetto e dimostrare che in effetti abbiamo avuto diminuzioni significative del glucosio plasmatico a digiuno e del peso. Ma entrambi gli studi stanno ora esaminando la titolazione mensile e, in ultima analisi, la scelta del giusto schema di dosaggio per passare alla Fase 3». Durante l’incontro con gli analisti di Goldman Sachs il vice presidente di Pfizer ha motivato il riserbo però sui risultati di fase uno e due così: «Andare avanti è un investimento enorme, giusto? Vogliamo quindi assicurarci di avere la molecola giusta quando andremo avanti con gli studi finali sia sul diabete di tipo 2 che sull’obesità».

Pao ha poi aggiunto: «Abbiamo anche visto che i peptidi sono molto difficili da produrre, con costi elevati, mentre una piccola molecola dovrebbe essere facile da produrre in massa, e il costo dei prodotti sarebbe molto inferiore. Se vogliamo spostarci nel diabete di tipo 2 oltre che nell’obesità, ci possono essere altre indicazioni che sono secondarie all’obesità, come l’apnea del sonno o altre cose che sono conseguenze dell’obesità. Ancora una volta, però, penso che dobbiamo ottenere l’approvazione primaria sia per il diabete di tipo 2 che per l’obesità, prima di prendere in considerazione queste aree aggiuntive. E penso che se si riesce a raggiungere i medici di base, si può davvero avere un vantaggio. Poi, il potente team di marketing di Pfizer può davvero aiutare a penetrare nel mercato». Ma la previsione sulla commercializzazione della pillola se tutto andrà bene è fra il 2024 e il 2025.

Nel frattempo Pfizer dovrà ancora puntare sui prodotti già disponibili, e ancora una volta sul vaccino mRNA per il Covid. Secondo Pao i tecnici della casa farmaceutica a giugno hanno individuato il ceppo Covid che circolerà ancora in autunno «e saremo pronti per il lancio a settembre». Non sarà pronto invece come Pfizer pensava il vaccino a mRNA per l’influenza. Tutta colpa di una anomalia del virus nel 2022-23 che ha mandato gambe all’aria l’ultima fase di sperimentazione, che si stava rivelando assai promettente. Pfizer aveva 2 componenti contro il ceppo A e due contro il ceppo B dell’influenza e per avere l’autorizzazione al commercio era ovviamente necessario provare l’efficacia del vaccino verso entrambi i ceppi. La sperimentazione però si è svolta nel solo emisfero settentrionale in cui in modo inspiegabile nell’ultima stagione sono stati rarissimi i casi di influenza di ceppo B. Quindi Pfizer è stata costretta a lanciare un nuovo studio nell’emisfero meridionale che inevitabilmente ha costretto a spostare la richiesta di autorizzazione al commercio alla stagione 2024-25. Ma il colosso farmaceutico è convinto di potere sbaragliare con quel prodotto la concorrenza dei produttori dei vaccini anti-influenzali tradizionali, che hanno storicamente «una efficacia limitata, fra il 30 e il 50%. Il vaccino influenzale a mRNA come sperimentato ha dato una efficacia dell’80% sia pure solo sul ceppo A. In ogni caso se si superasse l’efficacia del 50% per entrambi i ceppi diventerebbe molto concorrenziale».

C’è però un altro vaccino quasi pronto, anche se è di tipo tradizionale, a base di proteine. Pfizer ha sviluppato un vaccino RSV per prevenire i danni del virus respiratorio sinciziale, che negli ultimi anni ha causato molte infezioni e purtroppo anche numerosi decessi di bambini da 0 a 6 mesi di vita, risultando letale anche per gli anziani. Sulla popolazione anziana il vaccino Pfizer è già stato autorizzato da Fda, ed è in attesa del via libera per i bambini. Il vaccino non è una esclusiva, perché ci sono altre case farmaceutiche (la prima è GSK) che ne hanno sviluppati simili, ma nella documentazione inviata a Pfizer i vertici della società segnalano una sperimentazione esclusiva che potrebbe dare un vantaggio commerciale importante: quella sulle mamme incinte, con risultati ottimi di immunizzazione dal virus sia per la puerpera che per il nascituro. Pfizer confida di potere avere l’autorizzazione al commercio entro la fine del 2023.

Con due vaccini a mRNA (Covid e influenza) e uno proteico (RSV) Pao ha spiegato di di avere messo i suoi laboratori a studiare la possibilità di un trivalente con iniezione unica: «Credo che alla fine, per motivi di convenienza per i pazienti, pensiamo che un triplo vaccino sia il punto in cui vogliamo arrivare. In questo modo, con una sola iniezione, si è protetti contro COVID, RSV e influenza. Ma per arrivarci, dobbiamo avere non solo i vaccini singoli, ma anche i doppi. Quindi sì, abbiamo in corso uno studio COVID-influenza e uno studio RSV-influenza. In termini di agenzie regolatorie, ciò che vogliono vedere non è solo l’efficacia, ma anche la sicurezza e la tollerabilità. Quindi dobbiamo dimostrarlo per entrambi i componenti dei vaccini. Per i nuovi vaccini, è probabile che le agenzie regolatorie vogliano almeno un anno di dati prima di approvare una combinazione. Quindi, per esempio, con il vaccino antinfluenzale, supponendo di lanciarlo nel ’24, ’25, pensiamo di avere una combinazione pronta per la stagione successiva. Ma al momento, questi studi sono in corso e non vediamo l’ora di vedere i dati».

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