Migranti vittime di tratta, la storia di Princess che sognava l’Europa: «Costretta a prostituirmi in Libia e in Italia»

Il nuovo report di “We World” mette in evidenza la crescita negli ultimi 6 mesi di giovani donne vittime di tratta: le storie, i dati, e la situazione in Italia

«Sapevo del giro di prostituzione in cui finiscono le ragazze nigeriane, ma io e la mia famiglia ci siamo fidati di una vicina di casa che prometteva di farmi fare la parrucchiera in Europa e, così, è iniziato il viaggio fino in Libia», racconta Princess, 25enne che dalla Nigeria sognava l’Europa come capita a tante ragazze della sua età. «Lì, però, le cose sono cambiate: mi sono prostituita per un anno, fino a raggiungere la somma necessaria ad attraversare il mare. Quando sono arrivata in Italia ho vissuto con altre ragazze e tutte le notti mi facevano prostituire. E se non trovavo clienti mi picchiavano. Poi, grazie a una ragazza brasiliana, sono riuscita a scappare». La sua storia è simile a quella di molte altre donne vittime di tratta, ovvero di reclutamento, trattenimento o trasferimento con l’uso della forza o di altre forme di sopraffazione per fini di sfruttamento lavorativo o sessuale. «Quando è morto mio padre, io e mia madre abbiamo perso tutto ed è per questo che ho iniziato il mio viaggio verso l’Europa. Durante il mio percorso sono stata violentata e poi sono rimasta bloccata un anno in Tunisia dove lavoravo come baby-sitter per una donna che si era proposta di aiutarmi e invece non mi ha mai pagata», racconta la 18enne Nathalie da Ventimiglia, dove più volte ha tentato di raggiungere la sorella a Lione, ma senza riuscirci, a causa dei respingimenti.


Negli ultimi 6 mesi è aumentato il numero di donne migranti

Da Ventimiglia le persone migranti tentano di attraversare il confine francese, ma si scontrano con i controllo e i respingimenti dovuti alla sospensione da parte del governo francese nel 2015 del Trattato di Schengen che ha ripristinato i controlli alla frontiera. Negli ultimi sei mesi è stata registrata una maggior femminilizzazione degli arrivi, a differenza di quando in passato c’era una prevalenza di migranti uomini. Le donne che arrivano dalla Costa d’Avorio, ad esempio, sono aumentate del 100% (da 600 a 1200 presenze in un anno) e di oltre il 60% dalla Guinea. È quanto segnala il nuovo report di We World, Inter-Rotte – Storie di donne e famiglie al confine di Ventimiglia.


«Servono più risorse ad hoc per le donne e limitare così la tratta»

Foto di Michele Lapini

Sono dunque in forte crescita le donne costrette a interrompere il loro viaggio verso mete europee e a stazionare a Ventimiglia, spesso rischiando di cadere vittime di reti criminali che organizzano attraversamenti irregolari della frontiera e tratta di esseri umani a fini di sfruttamento, ingannandole con la promessa di un riscatto della propria condizione una volta superato il confine italo-francese. «L’aumento è evidente e non possiamo far finta di nulla: servono più risorse dedicate a queste donne, affinché non diventino vittime di tratta», commenta Jacopo Colomba, responsabile del progetto di WeWorld a Ventimiglia. «Dopo il blocco causato dalla pandemia – aggiunge -, i movimenti sono lentamente ripresi: il 2022 ha registrato 33.000 respingimenti in frontiera e, molto probabilmente, alla fine del 2023 questa soglia sarà superata».

Cosa dicono i dati

Fonte: report We World

La tratta è un fenomeno difficilmente misurabile perché intercettarne le vittime è particolarmente complicato. Si stima che solo il 10% delle vittime presenti denuncia alle autorità, oltre al fatto che spesso il fenomeno si svolge in residenze private e che il reclutamento avviene buona parte delle volte su app e siti del dark web. I dati, pertanto, potrebbero essere sottostimati. Nel 2021, sono state oltre 50 milioni le donne nel mondo vittime di tratta. Di queste 9 su 10 sono donne o bambine rimaste coinvolte nelle reti criminali a scopo sessuale. In Italia, il fenomeno riguarda circa 90mila giovani donne e ragazze, principalmente provenienti dall’Africa e dall’Europa dell’est, il cui corpo viene sfruttato per un valore di circa 4,7 miliardi di euro. «A differenza del fenomeno del traffico di persone migranti – evidenzia il report – che è limitato all’arco di tempo necessario a trasferire la persona dal Paese di provenienza a quello di destinazione, il fenomeno della tratta si caratterizza perché la vittima è costretta allo svolgimento di attività lavorative o sessuali reiterate e si svolge sul medio-lungo periodo». Questo rende ancora più complesso la possibilità di uscire da un percorso di tratta.

E in Italia? «Non si stanno facendo sforzi significativi»

Fonte: report We World

L’Italia, essendo particolarmente esposta ai movimenti migratori, presenta un ampio numero di donne vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale. Tra il 2016 e il 2020 nel nostro Paese c’è stato un aumento di denunce e segnalazioni per il reato di tratta. Ma ciononostante – rileva il monitoraggio di We World sul rispetto del Protocollo di Palermo – «il nostro Paese non sta facendo sforzi significativi per prevenire e contrastare la tratta e lo sfruttamento a scopo sessuale. I criteri minimi non sono stati soddisfatti sotto diversi aspetti, come le carenze nei sistemi di identificazioni delle vittime che le disincentivano alla denuncia e che le misure di tutela non sono tali da proteggerle da possibili conseguenze penali a cui andrebbero incontro per gli atti che i trafficanti le hanno costrette a commettere».

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