Chieti, gli sparano col taser quando è già fermo. Il filmato finisce in rete e l’uomo denuncia tutto – Il video

L’arrestato è stato condannato per detenzione di stupefacenti e resistenza. Ma nella sentenza il giudice scrive che la reazione dei militari «andrà valutata in altra sede»

Nei giorni scorsi si è molto discusso del caso del 35enne che correva nudo per strada ed è poi morto in circostanze ancora da accertare, tra il fermo con l’uso di taser e il trasporto in ospedale. La procura di Chieti ha, però, sul tavolo almeno un altro fascicolo in cui si lamenta l’uso improprio della pistola elettrica nel corso di un arresto da parte dei carabinieri in servizio nella cittadina abruzzese. A denunciare i fatti è un giovane, con precedenti per detenzione di stupefacenti, fermato nei pressi del campus universitario Chieti X, con un consistente quantitativo di sostanze a bordo dell’auto: circa 10 chili tra hashish e marijuana e 1,4 chili di cocaina, oltre ad un coltello e – in valigia – una pistola a salve col tappo rosso rimosso.


Cosa è successo

Tutto si svolge la sera dello scorso 25 gennaio. Dopo una segnalazione i carabinieri intercettano un’auto sospetta e l’uomo al volante viene fatto scendere da due carabinieri. Nel corso del fermo parte una discussione, si sentono le urla. Dalle finestre del Campus universitario, almeno due persone filmano la scena e l’uomo appare in entrambi i video prima fermo a ridosso dell’auto dei carabinieri e quindi a terra, dopo l’uso del taser, quando viene trascinato via. Secondo il suo racconto, contenuto nella denuncia presentata giorni fa e nell’appello alla condanna di primo grado depositato oggi dall’avvocato Francesco Bitritto, il denunciante M. Z., urlava di dolore perché uno dei due carabinieri insisteva nello stringergli una mano recentemente operata. E nella denuncia per lesioni, tortura e falso, scrive che la prima scarica elettrica sulle mani con il “warning arc” gli viene data mentre era fermo a ridosso dell’auto. L’uomo si sposta ma resta accanto ad un carabiniere ma, scrive, «l’altro con il taser aveva nel frattempo preso la mira e, senza alcun avvertimento, mentre ero di fianco al primo militare mi sparava il primo dardo sulla coscia sinistra senza alcuna ragione e pericolo». La sentenza di primo grado che l’ha condannato per detenzione di stupefacenti, porto d’armi abusivo, resistenza e lesioni, sostiene che la denuncia dei carabinieri non è smentita dai video perché questi iniziano mentre l’arresto è in corso e che non c’è referto che attesti l’eventuale abuso nei confronti di M. Z. anche perché l’uomo all’arrivo del 118 rifiuta di farsi portare in ospedale dall’ambulanza. Dopo l’arresto, i sanitari lo visitano due settimane dopo, ma l’uomo lamenta solo dolori relativi alla precedente operazione chirurgica. Il giudice, Andrea Di Berardino, scrive però che l’eventuale sproporzione nella reazione degli uomini dell’Arma andrà valutata in altra sede: «Il contenuto dei filmati, benché di forte impatto emotivo, è estraneo al tema decisorio in esame: qui occorre stabilire se M. Z. abbia tenuto, o meno, una condotta oppositiva all’atto che i pubblici ufficiali stavano compiendo e non accertare sei militari abbiano ceduto o meno nell’uso della forza, superando i limiti di proporzionalità al pericolo, ciò che eventualmente sarà oggetto di un diverso procedimento». L’avvocato di Z. intanto chiede a chi ha filmato la scena di farsi vivo per raccontare quello che sa: «Abbiamo ricevuto i filmati da conoscenti, ma solo delle testimonianze chiarirebbero l’accaduto».


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