«La mia fidanzata Vera si è uccisa», la versione di Apetrei per far credere al suicidio

Tutti gli aspetti che non hanno convinto gli inquirenti e che hanno portato ieri al fermo del manovale e del suo amico

Una corda troppo fine per reggere il peso del suo corpo, i lividi, alcuni ancora sanguinanti, e le riscostruzioni che non combaciano, fornite dal fidanzato e dal suo amico. Questi elementi hanno portato ieri al fermo del manovale 33enne Gheorghe Ciprian Apetrei, e del suo complice Costel Balan, di 31 anni, entrambi cittadini romeni indagati per l’omicidio di Vera Schiopu, 25 anni moldava, nel Catanese. I carabinieri e la procura di Caltagirone non credono al suicidio della giovane, ma bensì a una messa in scena anche piuttosto grossolana. Questa la tesi che prende corpo nella testa del procuratore Alberto Santisi e del sostituto Alessandro Di Fede, che coordinano le indagini dei militari del nucleo investigativo di Catania. Apetrei avrebbe ucciso la compagna e poi, con l’aiuto di Balan, ne avrebbe inscenato l’impiccagione. Vera, arrivata in Italia alla ricerca di una vita migliore, faceva la bracciante agricola. Con il compagno conviveva in un casolare a contrada Sferro, tra Ramacca e Paternò. Lo stesso tetto dove i sanitari del 118 l’hanno trovata impiccata. «La mia fidanzata Vera si è uccisa», avrebbe detto – secondo quanto riporta il Corriere della Sera – Apetrei ai militari. Non era così.


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