Campi Flegrei, cosa può succedere con l’eruzione. La simulazione dell’Ingv sullo scenario più temuto (ma improbabile per gli esperti) – Il video

Sta tornando attuale un video prodotto nel 2011 dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Ecco di che si tratta e perché, per ora, non serve allarmarsi

Cosa succede in caso di eruzione nei Campi Flegrei? Un modello c’è, ma si basa sull’eruzione di Agnano Monte Spina, avvenuta circa 4100 anni fa. Si tratta di un video realizzato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia nel 2001, che sta tornando virale in questi ultimi giorni. L’animazione mostra l’evoluzione della temperatura del gas attraverso due isosuperfici che raccolgono i punti in cui la temperatura raggiunge i 100°C (isosuperficie estera, semitrasparente) e quelli a 350°C (isosuperficie interna, in rosso e giallo). L’impatto è devastante. In pochi minuti vengono distrutti interi quadranti dell’area a ovest di Napoli. Sulla clip, diffusa oggi da alcune testate tra cui Il Mattino, occorre però fare delle precisazioni. Attualmente non c’è un modello che preveda cosa possa accadere realmente sui Campi Flegrei nei prossimi mesi, né in caso di eruzione. Non solo: non è possibile sapere con precisione la portata del fenomeno, evento che è comunque preceduto da sciami sismici ben precisi con dei movimenti e delle anomalie che finora non sono state riscontrate.


Perché sulle eruzioni non ci sono «anomalie significative»

«In questo momento non ci sono altri parametri del monitoraggio, tra i tanti di quelli che noi monitoriamo 24 ore su 24, che mostrano anomalie significative tanto da farci intendere che qualcosa stia cambiando nella dinamica vulcanica». A dirlo è Francesca Bianco, direttrice del Dipartimento Vulcani – Istituto Nazionale Geofisica e Vulcanologia in una relazione sull’attuale ‘fase bradisismica ai Campi Flegrei‘ in occasione della Notte europea dei ricercatori Streets 2023 all’Università di Napoli Federico II. «Al momento – ha aggiunto – sembrerebbe che siamo in presenza di una variazione incrementale della crisi bradisismica. L’evoluzione non la conosciamo: si tratta per lo più di fenomeni legati ai terremoti e, come è ben noto, i terremoti non si possono prevedere». In ogni caso, ha proseguito, «l’intensificazione della crisi bradisismica non ha ancora, allo stato, le dimensioni di quella degli anni ’80». Perché poi si verifichi un’eruzione, ha proseguito, «è necessario che il magma si muova verso la superficie». Questo scenario comporterebbe che «la sismicità dovrebbe mostrare una migrazione degli ipocentri». Inoltre, «si dovrebbero osservare eventi sismici a bassa frequenza dovuti alla oscillazione del magma nei crack crostali», oltre a «consistenti modifiche nella geometria della deformazione del suolo», «consistenti incrementi nella temperatura dei volumi rocciosi» ed altri fenomeni, «nessuno dei quali, al momento, è stato osservato nella crisi attuale».


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