Quel pasticcio brutto dello Ius Soli sportivo abrogato. Per i minori stranieri in Italia è più difficile tesserarsi: scoppia un caso a Reggio Emilia

La norma del 2016 equiparava i calciatori under 14 a prescindere dalla nazionalità. Ora è invece richiesta una ulteriore documentazione aggiuntiva, con una commissione ad hoc che decide da Roma

L’intento, forse, era quello nobile di fermare la tratta di baby giocatori nel nostro Paese ma il rischio è quello di non poter più tesserare giovanissimi stranieri la cui colpa è solo quella di amare il calcio e di vivere in Italia. Con l’entrata in vigore del nuovo decreto legislativo n. 36/2021, la legge n. 12 del 20/01/2016 (così detta dello Ius Soli Sportivo) è stata abrogata. Questa prevedeva, per i minori stranieri residenti in Italia, almeno dal loro decimo anno d’età, di potersi tesserare nelle società sportive con le stesse procedure previste per i loro coetanei italiani.


Le eccezioni per il tesseramento e la documentazione in più ora richiesta

Attualmente un calciatore minorenne può esser tesserato per una federazione di un paese di cui non è cittadino solo in alcuni specifici casi. Se i genitori del calciatore si trasferiscono per una motivazione non legata al calcio, se il trasferimento avviene all’interno dell’UE/EEE e il giocatore ha più di 16 anni, se il giocatore vive a non più di 50 km dal confine e il club si trova a non oltre 50 km dal confine, se il calciatore ha lasciato il suo paese per motivi umanitari o se quest’ultimo si trasferisce per seguire un programma di scambio studentesco. In altri casi il calciatore minorenne straniero deve aver vissuto ininterrottamente per almeno cinque anni nel paese nel quale intende essere tesserato. Cosa succede adesso? Per gli under 14 viene chiesta una integrazione di documenti aggiuntiva, incluso certificato di nascita e frequenza di almeno un anno nelle scuole italiane. Non solo, alcuni casi il tesseramento non è più gestito dal comitato regionale bensì da una commissione minori della Figc, istituita a Roma. Così se prima si potevano sbrigare le pratiche utili il caso di ogni singolo ragazzino rischia di aspettare molto, troppo tempo, prima di avere una luce verde e permettere al piccolo di giocare il campionato.


Il caso del progetto Aurora a Reggio Emilia: niente campionato per 8 ragazzini

Ecco quindi che con l’abrogazione arrivano le prime rinunce. Succede che a Reggio Emilia, nel quartiere Santa Croce, la progetto Aurora, ha ritirato la propria squadra dal campionato dilettanti. Non poteva più iscrivere 8 ragazzini extracomunitari. «Avevamo inviato i tesseramenti dei nostri otto atleti dieci giorni fa – spiega a Il Resto del Carlino il presidente del Progetto Aurora, Gianni Salsi – come da vecchia normativa, alla federazione regionale. Ma poi ci hanno detto che per effetti della nuova legge dovevamo mandarli a Roma. Così ci hanno bocciato i tesseramenti per i quali ora ci vorranno mesi prima di recuperare la documentazione utile e prima che venga dato il nullaosta dalla Figc. Sabato iniziava il campionato, ma siamo stati costretti a ritirarci… Chiederemo al Csi di iscriverci nel loro torneo anche se è già iniziato». «Per la nostra società – aggiunge Salsi – che ha sede in un quartiere multietnico, il 55% di ragazzi di origine straniera su 300 tesserati, questa nuova legge è un grosso problema. Eppure sono nati e cresciuti a Reggio, hanno studiato qui e sono il nostro futuro. E il Governo cosa fa? Siccome non riesce a fare ciò che vorrebbe sull’immigrazione, si sfoga contro dei bambini non concedendo loro di giocare. È un’umiliazione». Sul caso il deputato reggiano del Pd, Andrea Rossi, ha annunciato una interrogazione al ministro Abodi. Casi come quello emiliano rischiano di moltiplicarsi in tutto il paese.

(in copertina foto Emilio Garcia su Unsplash)

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