Torino, l’accordo dei genitori davanti al giudice per le foto dei figli sui social network

Due casi finiti con una clausola valida per entrambi. I rischi della pubblicazione

La città di Torino fa da apripista sugli accordi tra genitori separati riguardo le foto dei figli sui social network. I giudici del capoluogo del Piemonte hanno dato l’ok a due coppie che l’hanno proposto. La regola funziona più o meno così: «I genitori esprimono il loro consenso espresso alla pubblicazione sui social delle immagini relative ai figli purché non siano lesive degli interessi e dei diritti del minore». Uno dei due casi riguardava un’influencer madre di una bimba di 5 anni che utilizzava i social per professione. La giudice Isabella Messina Russo ha omologato l’intesa tra lei e il marito nel corso della separazione consensuale. Il secondo caso è del 17 settembre: stavolta c’era una negoziazione assistita tra un padre poliziotto e una madre dottoressa. In questo caso è stata la procura ad autorizzare la clausola.


Le clausole

«Spesso i figli nascono già con un’identità digitale», spiega all’edizione torinese di Repubblica l’avvocata Sara Commodo, dello studio Ambrosio e Commodo. «I minori si ritrovano inconsapevolmente protagonisti di dossier digitali: un recente studio in tema di “Sharenting” indica che entro i 5 anni possono avere già mille foto postate. Questa clausola disinnesca potenziali occasioni di conflitto, evitando che la pubblicazione delle immagini venga strumentalizzata o diventi fonte di litigi e contenziosi. Significa slatentizzare un fenomeno di costume su cui però spesso manca consapevolezza. In questo modo i genitori sono responsabilizzati e sensibilizzati sul tema». I legali spiegano che esistono leggi, convenzioni internazionali e raccomandazioni secondo cui sarebbe opportuno in ogni caso pixelare i volti dei minori. Oppure ritrarli di schiena, e in ogni caso mai nudi.


Le raccomandazioni

Ma i genitori che le seguono sono pochi. «Il rischio è quello di furto di identità oppure che le foto finiscano su siti di pedopornografia», spiega ancora Commodo. «Ma in caso di coppie separate le foto possono scatenare anche gelosie e ritorsioni che si traducono poi in guai civili e penali, con ordini del giudice di cancellazione e contestazioni di violazione della privacy».

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