Doveva essere uno dei confini più invalicabili quello tra la Striscia di Gaza e il Sud di Israele, violato invece con apparente facilità dai terroristi di Hamas capaci di aprire il varco e dare il via a massacri brutali, conquista di avamposti militari e al rapimento di decine di ostaggi israeliani. Gli analisti si interrogano su come sia stato possibile che l’intelligence israeliana non abbia intercettato neanche un segnale che lasciasse immaginare un attacco di questa portata, il giorno dopo l’anniversario dello Yom Kippur del 6 ottobre 1973. Le immagini diffuse dai terroristi di Hamas sulle infiltrazioni mostrano quanto sia stata imponente l’infiltrazione nel territorio israeliano, iniziata con un improvvisato deltaplano, un mezzo tanto rudimentale quanto evidentemente efficace per evitare i radar, capace di superare la barriera e portarsi in territorio nemico sparando sui militari di guardia e facendo partire la caccia all’uomo. Sono seguite le ruspe che hanno raggiunto gli insediamenti più vicini al confine, aprendo il varco a circa 300 uomini, secondo Hamas, che su camionette e moto hanno potuto raggiungere i kibbutz dove non hanno risparmiato donne, anziani e bambini seminando il terrore. Un’altra parte dei terroristi ha provato a infiltrarsi via mare, secondo Al Jazeera a bordo di un motoscafo, visto dirigersi verso la città costiera israeliana di Zikim. L’attacco dei terroristi da Gaza è stato accompagnato da una massiccia copertura di fuoco, con razzi e colpi di mortaio. Frutto dell’arsenale difficile da quantificare, ma apparentemente imponente a disposizione di Hamas che, come ricorda Guido Olimpio sul Corriere della Sera, è composto da armi prodotte in loco, ma con l’assistenza tecnologica dell’Iran, che ha messo a disposizione risorse ed esperti, oltre che artiglieria accumulata per anni. La tecnologia iraniana sarebbe stata fondamentale anche per permettere quell’ingresso così evidentemente semplice. Olimpio cita fonti palestinesi secondo cui i terroristi di Hamas sarebbero riusciti a disturbare elettronicamente le comunicazioni delle forze israeliane, complicando e rallentando l’organizzazione di una risposta.
Il ruolo dell’Iran
Sul possibile ruolo dell’Iran dietro quello che da più parti è definito l’11 settembre di Israele la Casa Bianca mantiene cautela. Da Teheran non hanno certo fatto mistero della soddisfazione per il massacro messo in campo da Hamas, a cominciare dal consigliere della Guida suprema iraniana Ali Khamenei, Rahim Safavi, che si è congratulato «con i combattenti palestinesi». Con Hamas e con gli altri terroristi della Jihad islamica si starebbe per aggiungere anche Hezbollah dal Libano. Appena pochi giorni fa, il leader di Hezbollah, Hasan Nasrallah, aveva detto in un discorso pubblico che il movimento filo-iraniano è pronto a scatenare una vasta offensiva contro Israele. La data scelta per lanciare l’attacco porta alla mente scenari di accerchiamento di Israele da parte dei suoi nemici regionali, ormai da anni riuniti nel cosiddetto «Asse della Resistenza» guidato proprio dall’Iran: il 7 ottobre è il giorno dopo il 50mo anniversario della guerra di ottobre del 1973 tra Israele, Siria ed Egitto, ed è il 23mo anniversario della prima operazione condotta da Hezbollah contro Israele dopo il ritiro israeliano dal sud del Libano nel 2000. Hezbollah ha rafforzato in questi mesi la sua presenza lungo il fronte transnazionale, che va dalla costa mediterranea libanese fino al confine giordano sulle rive del fiume Yarmuk passando per l’Alta Galilea e le Alture del Golan.
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