Israele, la rabbia delle famiglie degli ostaggi nelle mani di Hamas: «Nessuno ci aiuta»

Il governo di Netanyahu è percepito come distante. Le interviste sui media

Il mondo conosce la mamma di Shani Louk, tatuatrice di 30 anni, rapita nel festival in occasione della festa di Sukkot, nel sud di Israele. Ha visto le lacrime del padre di Noa Argamani, che ha riconosciuto l’urlo di sua figlia, davanti ai miliziani di Hamas. Ma la rabbia, tra le famiglie degli ostaggi israeliani nelle mani delle fazioni, aumenta. Il governo di Netanyahu è percepito come distante


La rabbia delle famiglie: «Dov’è lo Stato?»

Migliaia di persone hanno partecipato al rave notturno nei pressi del Kibbutz Re’im, vicino al confine, uno dei numerosi siti attaccati. I social media si sono riempiti di video raccapriccianti di uomini, donne e bambini trasportati nella Striscia. Molti dei loro parenti – riporta The Times of Israel – hanno detto di sentirsi abbandonati dalle autorità, in un’eco delle agghiaccianti suppliche sussurrate da coloro che si sono rintanati nelle loro case sabato, mentre i terroristi si aggiravano nelle comunità di confine. Le Forze di Difesa Israeliane hanno dichiarato di aver creato una situation room per raccogliere informazioni precise sugli ostaggi israeliani. Le persone di cui non si hanno informazioni dovrebbero aggirarsi sul centinaio, ma il numero è destinato a crescere. Il capo della Direzione del Personale dell’IDF, il generale Yaniv Asor, ha nominato Lior Carmeli, a capo della squadra che compilerà un report per localizzare i prigionieri, sia soldati che civili, aggiungendo che «alcune famiglie hanno già ricevuto messaggi sui loro cari». Ora Kuperstein ha detto che la sua famiglia sta cercando suo nipote, Bar di 21 anni, che stava lavorando alla festa di Kibbutz Re’im quando è stato rapito e portato a Gaza. «Nessuno ci ha detto nulla. Nessuno ci sta aiutando. È il caos», ha detto a Channel 12 news. «I suoi genitori non sanno nulla». Nel mentre è stato allestito vicino all’aeroporto Ben Gurion un punto in cui i parenti possono portare oggetti personali dei loro cari, come gli spazzolini da denti, utili per eventuali riconoscimenti del DNA. Lì alcuni parenti, intercettati da Channel 12, hanno espresso la loro amarezza: «Dov’è il governo? Perché nessuno ci aiuta a trovarli?». Un uomo ha detto che l’ultimo messaggio ricevuto dal fratello è stato: «Nissim, aiutaci. Ci hanno sparato. Sto sanguinando». Durante l’intervista, un’altra madre disperata ha aggiunto che stava cercando sua figlia Amit Buskila. «Non abbiamo uno Stato. Sto cercando mia figlia da 27 ore e nessuno ci aiuta», ha gridato Alin Atias.


(in copertina Un fermo immagine tratto da un video mostra scene delle Brigate Al-Qassam che assaltano il sito militare di Erez, uccidono i soldati nemici e ne catturano alcuni durante la battaglia di Al-Aqs Flood)

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