Lucha y Siesta, la Regione Lazio vuole ristrutturare e mettere a bando la casa rifugio per donne vittime di violenza

L’immobile era un ex deposito Atac, che dopo l’abbandono era stato occupato nel 2008

Oggi, 9 ottobre, la giunta capitolina voterà la delibera dell’assessora alle Pari opportunità Renata Baldassarre che punta a mettere al bando la gestione dell’immobile dov’è nata la Casa delle donne Lucha y Siesta. Si tratta della realtà femminista e transfemminista attiva da anni nel contrasto alla violenza di genere, e che da 15 anni riveste un ruolo di riferimento e stimolo culturale nella realtà del VII municipio. La sua storia è ricostruita tra le colonne di Repubblica Roma: l’immobile era un ex deposito Atac, che dopo l’abbandono era stato occupato nel 2008. Poi, nel 2021, durante il governo di Nicola Zingaretti, l’acquisto della Regione Lazio. Operazione che aveva portato a un protocollo d’intesa con le attiviste di Lucha y Siesta: l’obiettivo era tenere in vita l’associazione.


Un cammino interrotto

Lavorare per «un progetto di rifunzionalizzazione dell’edificio per realizzare un innovativo progetto di bene comune urbano, avendo cura di conservare e promuovere la peculiare multifunzionalità dello spazio socio-aggregativo». Un percorso però che non si è ancora concluso, e che rischia di non riuscire a compiersi, dal momento che la nuova giunta di centrodestra ha intenzione di tornare al punto di partenza e mettere al bando la gestione dell’immobile. Nella delibera si legge che sia le attiviste che le donne ospitate dovranno abbandonare la struttura. Le seconde dovranno essere sistemate in altre strutture della rete antiviolenza, quelle dove è rimasto qualche posto disponibile.


I precedenti

Si tratta in ogni caso dell’ultima tappa di una battaglia che si trascina da anni: già nel 2021 Chiara Colosimo e Laura Corrotti (entrambe FdI) invocarono l’intervento della Corte dei Conti, sostenendo che la Regione avesse comprato l’immobile «per gli abusivi». Tesi che diede vita a un processo a carico di quattro dirigenti regionali. «Di fronte all’inasprimento e pervasività della violenza di genere, la risposta della Regione Lazio è chiudere un luogo politico di autodeterminazione, una casa femminista in cui si contrasta la violenza di genere in modo efficace, competente e con un impianto sociale e culturale», hanno commentato le attiviste.

La gestione dell’immobile

Che aggiungono come, a loro avviso, la gestione dell’immobile «non può andare a bando perché non stiamo parlando di un servizio, ma di una casa in cui si analizzano e decodificano le manifestazioni della violenza e in cui si costruiscono le strategie per affrontarlo, un luogo di cultura, arte, formazione ed auto mutuo aiuto. Quello che produce Lucha y Siesta, in collaborazione con le altre associazioni che si occupano di violenza di genere, non sono parole, non sono slogan né chiacchiere da campagne elettorali ma attività lunghe, articolate e competenti. Le uniche risposte sensate a violenza, discriminazioni, abusi e disparità».

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