«Troppi bambini stranieri in classe», i genitori portano via i figli. Il caso a Bari, il preside: «Sono quasi tutti nati qui»

«È stata una decisione semplicemente razzista», continua il dirigente scolastico Gerardo Marchitelli dopo le proteste di alcuni genitori

«Mio figlio non può stare in classe con uno ‘gnoro (nero in barese, ndr.)», è la giustificazione razzista di una madre al dirigente dell’istituto comprensivo Eleonora Duse di Bari, Gerardo Marchitelli. La storia, raccontata dall’edizione barese di Repubblica, risale all’inizio dell’anno scolastico quando alcune famiglie si sono lamentate con il preside per la presenza di stranieri in classe. Quattro bambini della primaria Don Bosco – che fa parte dell’istituto comprensivo Eleonora Duse – alla fine sono stati trasferiti in altre scuole dopo che le famiglie hanno ottenuto il nullaosta di iscrizione da Marchitelli. Ma le richieste erano molte di più. Il plesso si trova nel quartiere Libertà di Bari, uno dei più multietnici. Nella primaria il 48% degli studenti non ha un’origine italiana ma «sono quasi tutti nati a Bari», come sottolinea Marchitelli. Un caso di razzismo che confuta il famoso detto: «A Bari nessuno è straniero».


Il dirigente: «non accettiamo alcuna arroganza culturale»

«Pensi che a loro importi se l’altro abbia la pelle, i capelli o qualche altro tratto differente», dice Marchitelli indicando al giornalista di Repubblica i bambini che giocano in cortile. Sicuramente la provenienza dei piccoli, di cinque e sei anni, aveva un peso per i genitori dei quattro bambini trasferiti, tutti della stessa classe. Il dirigente racconta che dopo il primo giorno di scuola le famiglie, di bassa scolarizzazione, hanno subito richiesto il trasferimento in un’altra classe. Ma non sarebbe cambiato niente, vista la presenza in tutte le sezioni di alunni di origine non italiana. «Le iscrizioni ora avvengono online addirittura gli stranieri vanno a farle al Caf, dato che a volte non hanno rete a casa. Per la formazione delle classi, quindi, tutto va bene fin quando i genitori non le vedono il primo giorno di scuola, quando la maestra le accoglie e chiama a sé gli alunni», racconta Marchitelli. «Alla vista di quelli stranieri, molte famiglie mi hanno chiesto il cambio classe. Inizialmente avevano nascosto la motivazione, fin quando poi è venuto fuori che era proprio per la loro presenza», conclude il preside. E dietro le richieste non ci sarebbe stata alcuna lite tra i bambini, per il dirigente è stata una decisione razzista: «Ho detto loro che l’unica possibilità che avevano era chiedermi il nulla osta e andare via. Ci sono alcuni valori su cui la scuola non può transigere e non può essere ricattabile». I quattro nullaosta sono stati firmati il 20 settembre, ma altri genitori hanno ritirato le loro domande. Nulla ovviamente è stato riferito agli alunni della classe interessata che hanno perso quattro dei loro compagni. Il caso scoppiato quest’anno non è però una novità per l’istituto Duse che ancora prima dell’inizio delle attività scolastiche aveva ricevuto le lamentele di alcune mamme per l’arrivo di due ragazzi stranieri. Anche negli anni passati c’erano state richieste di nullaosta, uno o due sostiene il preside, ma mai concretizzate. Quest’anno invece l’escalation. «Tutto questo mi ha mortificato e ferito. Bisogna capire che la scuola è un porto dove tutti possono ormeggiare, tutti trovano accoglienza. E questo è il punto di forza della scuola Don Bosco. Ritengo che ancora molti muri siano da abbattere, è più facile vedere diversità rispetto a costruire ponti. La Don Bosco nel suo piccolo è quella casa comune nella quale queste differenze si animano e arricchiscono tra loro. E qui non accettiamo alcuna arroganza culturale, di appartenenza o ceto sociale», sostiene Marchitelli. Il preside riflette poi sull’assenza a scuola di progetti per l’integrazione. Il motivo è uno solo: «manca un’educazione pedagogica alla persona: c’è bisogno di vederla semplicemente come essere umano. Che c’entra il genere, il colore della pelle, da dove viene o tutto il resto? Ci sono da abbattere ancora mille muri». E gli enti scolastici, il comune e le istituzioni lavorano proprio per distruggere queste barriere «ma non possono prevedere poi queste singole azioni», conclude il dirigente. C’è ancora molta strada da fare anche perché secondo Marchitelli «lo straniero è accettato solo se serve. E questo non accade soltanto a Bari».


Leggi anche: