L’esercito israeliano ha fatto sapere di aver ucciso il capo dell’intelligence generale di Hamas a Khan Younis, nel sud della Striscia, pubblicando un video dell’azione. Intanto il premier israeliano Benjamin Netanyahu è tornato a ribadire oggi le intenzioni bellicose di Israele contro Hamas, nel corso della prima seduta della sessione autunnale della Knesset. «Trionferemo perché ne va della nostra stessa esistenza in questa regione, che è piena di forze oscure», ha dichiarato il premier. «Hamas – ha continuato – fa parte dell’asse malvagio formato da Iran e Hezbollah. Mirano a gettare il Medio Oriente in un abisso di caos. Ci sono molte domande sul disastro che ci ha travolto dieci giorni fa. Investigheremo ogni aspetto». Al podio del Parlamento israeliano si sono alternati i rappresentanti delle diverse formazioni. Compreso Yair Lapid, il leader dell’opposizione che ha rifiutato di entrare – al contrario del suo sodale Benny Gantz – nel governo di unità nazionale, ma che oggi ha promesso una sorta di “appoggio esterno” al gabinetto di guerra chiamato a vendicare la strage compiuta dagli islamisti il 7 ottobre. «Ci vorrà tempo, richiederà l’uso di molta forza. E se al mondo non piacerà, che così sia. Non sono i loro bambini che sono stati assassinati, ma i nostri». Il dibattito alla Knesset si è dovuto però interrompere perché nel pomeriggio sia a Tel Aviv che a Gerusalemme sono di nuovo suonate le sirene d’allarme per l’arrivo di razzi di Hamas dalla Striscia di Gaza. Tutti i parlamentari si sono dovuti rifugiare nei bunker sotterranei. La seduta è poi ripresa dopo 40 minuti circa.
Il destino degli ostaggi a Gaza
A ritardare l’avvio dell’operazione di terra è però, fra gli altri fattori, la valutazione dei rischi per gli ostaggi israeliani detenuti dalle formazioni islamiste palestinesi a Gaza. Oggi l’Idf ha aggiornato, verso l’alto, la loro cifra stimata: sono 199 le persone fatte prigionerei da Hamas che si trovano nella Striscia, ha detto il portavoce dell’esercito israeliano Daniel Hagari in una conferenza stampa, ribadendo che «Israele sta compiendo uno sforzo nazionale di priorità suprema nei loro confronti ricorrendo anche a informazioni di intelligence». L’Idf ha inoltre finora «informato 295 famiglie di militari caduti nel conflitto» con il partito-milizia. Un sinistro avvertimento sulla loro sorte degli ostaggi è arrivato oggi da Teheran. Il regime iraniano si è fatto portavoce di Hamas affermando che i miliziani sarebbero pronti al rilascio degli ostaggi se Israele mettesse fine agli attacchi sulla Striscia. Lo ha detto, citato da Times of Israel, il portavoce del ministro degli Esteri iraniano Nasser Kanaani. Nessuna presa di posizione è però arrivata da parte di Hamas. Secondo Hanani, esponenti della fazione palestinese «hanno detto di essere pronti a prendere le necessarie misure per il rilascio dei civili tenuti dai gruppi della resistenza, ma che il loro punto di vista è che tali misure richiedono preparativi impossibili sotto i bombardamenti quotidiani dei sionisti contro varie parti di Gaza». E ancora da Teheran è arrivato l’avvertimento: «Nessuno può garantire il controllo della situazione se Israele invade la Striscia», il monito del ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian dopo un incontro a Doha con il leader di Hamas Ismail Haniyeh.
Putin è per la creazione di uno stato palestinese
Il presidente russo Vladimir Putin si è sentito telefonicamente con i presidenti dell’Egitto Abdel Fattah al-Sisi, dell’Iran Ebrahim Raisi, della Siria Bashar al Assad e dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen, e «ha sottolineato l’inaccettabilità di qualsiasi forma di violenza contro i civili» in Medio Oriente. A riportare la versione del Cremlino è l’agenzia Tass. Nei colloqui telefonici ha ribadito che Mosca è favorevole ad una «giusta risoluzione della questione palestinese» tramite la creazione di uno Stato indipendente palestinese.
Unrwa: «Rubate benzina e attrezzature mediche a Gaza City»
L’agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa) ha denunciato che diverse persone – autodefinitasi di Hamas – hanno «sequestrato benzina e attrezzature mediche» dalla sua base a Gaza City. «Il nostro staff – scrive su X – è stato costretto a evacuare il quartier generale a Gaza city con un preavviso di poche ore durante la notte di venerdì 13 ottobre. Da allora l’Unrwa non ha avuto accesso al complesso e non ha avuto ulteriori dettagli sulla rimozione dei beni. Il carburante e altri tipi di materiale dell’Unrwa vengono conservati per scopi strettamente umanitari e qualsiasi altro utilizzo è fermamente condannato», conclude.
Il fronte caldo con Hezbollah
Continuano anche oggi gli scambi di fuoco al confine nord tra Israele e Hezbollah. Il gruppo sciita ha rivendicato di aver attaccato cinque basi dell’Esercito dello Stato ebraico, che a sua volta ha colpito obiettivi nel sud del Libano, secondo quanto riferisce Haaretz. Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallan ha ribadito oggi che Tel Aviv non è interessata ad aprire un secondo fronte al nord. «Non vogliamo un’escalation della situazione», ha spiegato, ma se gli Hezbollah «scelgono la via della guerra, pagheranno un pesante prezzo». Più dura la dichiarazione del portavoce dell’Idf: «Se Hezbollah compirà un errore per metterci alla prova, la nostra reazione sarà micidiale»: questo l’avvertimento giunto oggi del portavoce militare israeliano Daniel Hagari dopo gli scontri a fuoco di ieri al confine con il Libano in cui due israeliani sono rimasti uccisi. «Gli Hezbollah – ha concluso – operano dietro istruzione e con il sostegno dell’Iran, mettendo cosi’ in pericolo il Libano». Dopo l’aumento delle ostilità con Hezbollah, l’esercito israeliano ha ordinato l’evacuazione delle persone che vivono in 28 comunità situate entro 2 chilometri dal confine con il Libano. Hezbollah – scrive Afp – avrebbe inoltre iniziato a distruggere le telecamere di sorveglianza su diverse postazioni dell’esercito israeliano lungo la frontiera. L’obiettivo dell’organizzazione paramilitare islamica sciita sembra essere – sottolineano fonti militari – quello di impedire all’Idf di monitorare i movimenti sul lato libanese del confine.
Blinken a Tel Aviv. Netanyahu: «Nessun cessate il fuoco»
Le nuove tensioni hanno spinto il segretario di Stato Usa Antony Blinken a tornare oggi in Israele per alcuni «colloqui sulla crisi», dopo un tour diplomatico nella regione mediorientale. Il capo della diplomazia Usa, che giovedì si trovava in Israele per una visita di solidarietà, è atterrato a Tel Aviv e incontrerà nuovamente il primo ministro Benjamin Netanyahu a Gerusalemme. Quest’ultimo in mattinata ha fatto sapere che «Non c’è per il momento un cessate il fuoco né l’ingresso a Gaza di aiuti umanitari in cambio della fuoriuscita di cittadini stranieri», lo ha reso noto il suo ufficio, commentando notizie diffuse in precedenza circa l’apertura del valico di Rafah (fra Egitto e Gaza) alle 9 del mattino ora locale, le 8 in Italia. Secondo un funzionario statunitense, citato da Cnn, il segretario di Stato americano incontrerà anche il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant e il leader dell’opposizione Yair Lapid. Nel frattempo, Jake Sullivan – il consigliere per la sicurezza nazionale Usa, in un’intervista alla Cbs, ha sottolineato come «La minaccia è reale. C’è il rischio di escalation di questo conflitto, dell’apertura di un secondo fronte nel nord e ovviamente del coinvolgimento dell’Iran. Dobbiamo prepararci a ogni evenienza».
Meloni: «Solidali a Israele»
«Il Governo esprime la sua vicinanza alla Comunità Ebraica di Roma, ai famigliari e ai discendenti dei deportati. Oggi più che mai, a seguito del terribile attacco di Hamas, ribadiamo la nostra solidarietà all’intero popolo d’Israele, ferito nuovamente dall’odio antisemita», dichiara la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Le parole figurano nella nota del governo fatta «in occasione dell’80° anniversario del rastrellamento degli Ebrei di Roma, ha ricevuto a Palazzo Chigi il Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Victor Fadlun». «In questa giornata – ha aggiunto Meloni – rinnoviamo il nostro impegno per mantenere viva la memoria di quei fatti terribili e per combattere, in ogni sua forma, nuova e antica, il virus dell’antisemitismo».
Biden: «L’occupazione di Gaza è un grave errore»
Nella giornata di ieri – domenica 15 ottobre – il presidente Usa aveva definito «l’occupazione di Gaza» un «grosso errore», riporta il Washington Post. «Hamas e gli elementi estremi di Hamas non rappresentano tutto il popolo palestinese», spiega Biden, ribadendo inoltre che l’organizzazione – terroristica per Usa e Ue – deve essere completamente eliminata, ma che deve esserci anche una strada verso uno Stato palestinese. Il presidente afferma che non pensa tuttavia che Israele perseguirà questa strada in questo momento. «Ma credo che lo Stato ebraico capisca che una parte significativa del popolo palestinese non condivide le opinioni di Hamas e Hezbollah», ha concluso il presidente Usa. Secondo una fonte israeliana, il presidente Usa potrebbe arrivare in Israele mercoledì prossimo. Lo riferisce Haaretz.
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