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Nel 2011 il centrodestra stabilì che era ricco chi guadagnava più di 300 mila euro: ora fissa l’asticella a 50 mila

18 Ottobre 2023 - 17:58 Franco Bechis
La nuova valutazione viene introdotta da quella stessa maggioranza, 12 anni dopo, nella manovra di bilancio 2024

C’è un elemento della manovra 2024 che ben fa capire quanti passi indietro abbia fatto l’Italia in questi anni, ed è contenuto nel primo modulo di riforma fiscale. Come è stato annunciato con la riduzione da 4 a 3 aliquote Irpef chi sarà tassato secondo i primi due nuovi scaglioni avrà un vantaggio medio di 260 euro di sconto Irpef. Gli appartenenti al terzo e ultimo scaglione no, perché quei 260 euro verranno sterilizzati facendo scattare una franchigia di identico importo che nel 2024 annullerà il vantaggio fiscale.

Perché è stata fatta quella scelta tracciando la linea di demarcazione proprio con l’inizio dell’ultimo scaglione Irpef? Perché Giorgia Meloni voleva aiutare, come ha detto espressamente, «i redditi medio-bassi». Significa che tutti i redditi esclusi sono considerati «alti» o «medio-alti». Quale è la linea di confine fra quei due mondi? Quella dei 50 mila euro lordi annui, che significano oggi in media circa 2.400-2.500 euro netti di stipendio mensile. Potrebbe essere qualcosa di più o qualcosa di meno a seconda delle addizionali locali e della condizione del nucleo familiare (figli o coniuge a carico o meno). Ma la sostanza è quella: il nuovo confine fra chi deve tirare la cinghia e chi viene considerato se non ricco almeno agiato è 2.500 euro netti al mese.

I redditi «alti» o «medio-alti»

Fa impressione quella cifra stabilita dal centrodestra al governo perché nell’estate del 2011 lo stesso identico centrodestra allora guidato da Silvio Berlusconi fece un dibattito analogo, cercando chi poteva essere definito ricco e agiato tanto da potergli chiedere un contributo di solidarietà necessario per la manovra estiva imposta dalla Bce quando l’Italia era sotto attacco della speculazione internazionale. Sono passati 12 anni da quella estate, eppure sembra un secolo. Quell’estate fu necessario riscuotere più tasse nonostante Berlusconi avesse sempre promesso di non mettere le mani in tasca agli italiani. Fu alzata l’aliquota Iva, e questo riguardava tutti. Ma non bastava: serviva pure un prelievo Irpef anche se temporaneo, e così si pensò di mettere un contributo di solidarietà di 3 punti Irpef sui redditi degli italiani agiati. Il centrodestra si spaccò sull’asticella sopra cui fare partire la tassa. Dal ministero dell’economia uscì una prima bozza che ipotizzava quel confine a 100 mila euro lordi annui. Insorsero tutti e in una riunione di maggioranza si decise di alzare quell’asticella a 500 mila euro. L’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti spiegò che così non si sarebbe ricavato nulla, e alla fine l’asticella fu fatta scendere a 300 mila euro.

Naturalmente i parametri delle due misure sono differenti, ma fa una certa impressione che la stessa maggioranza politica in 12 anni abbia abbassato così l’asticella, facendo scendere da 13.500 euro netti al mese (l’equivalente di quei 300 mila euro netti lordi annui) a 2.500 euro netti al mese il confine di una certa agiatezza, oltre il quale non possa avere effetti lo slogan più proprio del centrodestra: «Meno tasse per tutti». In questi anni l’Italia si è impoverita tanto, e l’inflazione si è mangiata una buona parte del potere di acquisto. Per avere oggi lo stesso potere di acquisto di 2.500 euro del 2021 bisognerebbe averne in busta paga 2.961,88 nel settembre 2023. Con lo stesso stipendio si è dunque perduto quasi il 20%. Un dato di fatto che ancora di più fa sembrare veramente bassa quella asticella a 50 mila euro lordi stabilita dal fisco dalla manovra per il 2024.

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