È come se l’epilogo della proposta di legge per l’introduzione del salario minimo fosse noto da mesi. Quando la presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva chiesto tempo per permettere al Cnel di elaborare uno studio sulla questione, le opposizioni già avevano protestato: era visto come un modo per rimandare il momento della bocciatura dell’Aula, ritenuto sconveniente per il centrodestra vista la popolarità del provvedimento. In 60 giorni, l’ente presieduto da Renato Brunetta ha concluso la sua analisi e dato parere negativo alla misura. Oggi, 18 ottobre, a sei giorni dal “no” del Cnel, ancora una volta la discussione dell’Assembla di Montecitorio viene rimandata: alle 10.30, Walter Rizzetto, presidente della commissione Lavoro di Fratelli d’Italia, prende la parola per chiedere di rispedire il provvedimento in commissione. Necessarie nuove valutazioni, dopo il documento stilato dal Cnel. Era una mossa annunciata, tant’è che in una conferenza stampa, convocata in prima mattinata, Partito democratico, Movimento 5 stelle, Azione, +Europa e Alleanza verdi e sinistra avevano parlato di «arroganza» del centrodestra, anticipando già la mossa del rinvio in commissione.
La rabbia espressa dal centrosinistra deriva dal fatto che la proposta sul salario minimo è una di quelle poche iniziative cosiddette “in quota opposizione” e per questo ha diritto di raggiungere la discussione in Aula. Sono oltre 500 mila le firme della petizione messa in piedi dal centrosinistra per sostenere la propria proposta. I deputati le hanno mostrate in conferenza stampa per chiedere che la maggioranza ne tenesse conto e scongiurasse il rinvio in commissione, che rallenterà ulteriormente l’iter legislativo. Ma il centrodestra, per bocca di Rizzetto, ha ignorato la richiesta. «La cronaca di una fuga annunciata. Un colpo a quel 3,5 milioni di lavoratori poveri che hanno sostenuto la nostra campagna di raccolta firme», denuncia Elly Schlein, nell’emiciclo di Montecitorio. «Non avvertite sulla vostra pelle alcun senso di vergogna per avere abbandonato una intera generazione alla precarietà e alla incertezza. La vostra scelta di oggi è pavida, oltre ad essere cinica. Voteremo contro questa richiesta di rinvio». Prima di lei, il capogruppo grillino Francesco Silvestri aveva chiesto alla vicepresidente dell’Aula, Anna Ascani, di respingere la richiesta di rinvio. Appellandosi al regolamento, dal banco della presidenza è stato risposto che doveva essere messa ai voti la proposta di riportare il testo in commissione.
«Non è solo una fuga. È un’operazione di depistaggio delle responsabilità perché la maggioranza non vuole prendersi la responsabilità di dire che non vuole il salario minimo e votare “no” in Aula e non si prende la responsabilità perché sa che i cittadini vogliono il salario minimo», attacca Matteo Richetti, capogruppo di Azione-Italia Viva. «Torniamo in commissione a fare che? La legge sulla contrattazione non manca in Italia. Facciamo una legge sulla rappresentanza quando il Cnel ha spaccato la rappresentanza? Qui c’è un problema di sostanza democratica: questo è il Parlamento e l’opposizione ha diritto ad avere dei punti di discussione e di votazione e la maggioranza ha tutto il diritto di bocciare le proposte di opposizione ma non di impedire il voto». Le opposizioni sono compatte nella condanna del comportamento del centrodestra: «Ai lavoratori, scappando per l’ennesima volta, date uno schiaffo in faccia», afferma Nicola Fratoianni. «Oggi il Paese avrà contezza piena del fatto che avete affossato la discussione su questo tema, ed emerge chiaramente che non sapete cosa fare contro il fenomeno del lavoro povero», rincara Riccardo Magi, leader di +Europa.
Per i 5 stelle interviene Giuseppe Conte: «Siamo stati cinque mesi in commissione, con un ciclo di audizioni in cui è stato ascoltato anche il Cnel, e ora buttate la palla in tribuna sfruttando il Cnel, sfruttando il rimpallo tra Cnel e voi, per compiere il delitto perfetto, per arrivare al rinvio in commissione, vale a dire rinviare la proposta in commissione e farla morire lì». I toni si riscaldano e, quando iniziano le dichiarazioni degli esponenti della maggioranza, è il centrosinistra a essere accusato di «fare propaganda sui lavoratori» e «usare slogan da stadio». Tra i più duri, il capogruppo di Fratelli d’Italia, Tommaso Foti. A Schlein replica dicendo che è lei a essere «in fuga dalla realtà», non la maggioranza a sottrarsi dal confronto. Ai grillini, poi, chiede conto di una loro proposta del 2014: «C’è una cosa che forse è sfuggita a chi è in fuga da qualche anno. Nel 2014 il M5s ha presentato una proposta di legge, mai discussa in Aula, che prevedeva un salario minimo di 9 euro. Dal 2014 ad oggi, ci spiegate se era uno sbaglio allora individuare 9 euro o una presa in giro oggi quella di individuare la stessa cifra? Spiegate le ragioni sotto il profilo sociale. È una cifra solo buttata lì. La differenza tra quest’Aula e lo stadio è che qui c’è chi è abituato a fare leggi, altri in fuga dallo stadio vengono qui a comportarsi come se fossero in uno stadio». Alla fine, con 21 voti di scarto, il centrodestra riesce ad approvare il rinvio in commissione del provvedimento.
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