Chi è Indi Gregory, la neonata inglese che il governo Meloni vuole salvare e portare in Italia. La premier: «Farò quello che posso per difendere la sua vita»

Ha pochi mesi di vita ed è malata per una patologia mitocondriale. Cure e viaggio saranno a carico del governo italiano

«Dicono che non ci siano molte speranze per la piccola Indi, ma fino alla fine farò quello che posso per difendere la sua vita. E per difendere il diritto della sua mamma e del suo papà a fare tutto quello che possono per lei». Queste le parole di Giorgia Meloni per Indi Gregory. Oggi il Consiglio dei ministri ha conferito la cittadinanza italiana alla neonata inglese di 8 mesi gravemente malata per una patologia mitocondriale incurabile. Il caso di Indi Gregory sta scuotendo il Regno Unito e non solo. L’alta corte di Londra ha negato ai suoi genitori la possibilità del trasferimento in Italia per continuare a mantenerla in vita tramite il supporto di macchinari. La speranza della madre e del padre di Indi è quella di ricovero al Bambino Gesù di Roma. Una corsa contro il tempo anche perché alle 15 ore italiane rischiava di esser staccata la spina ai macchinari che aiutano a mantenere in vita la piccola. «Il mio cuore si riempie di gioia perché gli italiani hanno dato a me e mia moglie Claire speranza e fiducia nell’umanità. Gli italiani hanno dimostrato attenzione alle cure in modo amorevole e sostegno. Vorrei solo che nel Regno Unito fosse lo stesso», ha dichiarato a LaPresse Dean Gregory, il papà di Indi.


Viaggio e spese sanitarie saranno a carico del governo italiano

«La deliberazione – spiegano nel comunicato Palazzo Chigi – fa seguito alla disponibilità espressa dall’ospedale pediatrico “Bambino Gesù” in relazione al ricovero di Indi Gregory e alla conseguente richiesta di concessione della cittadinanza italiana avanzata dai legali dei genitori. Il Governo italiano ha inoltre comunicato, alla direzione dell’ospedale e alla famiglia, l’impegno a coprire i costi dei trattamenti sanitari che saranno ritenuti necessari». Secondo quanto si apprende anche il trasferimento della piccola dal Regno Unito al Bambin Gesù sarà a carico del governo italiano.


La lotta dei genitori di Indi Gregory e il caso simile di Charlie Gard e Alfie

Il conferimento della cittadinanza italiana alla piccola Indi Gregory avviene «ai sensi dell’art. 9, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 91», come si legge nella convocazione del Consiglio dei ministri. Il motivo sta nell’interesse per la comunità nazionale «ad assicurare al minore ulteriori sviluppi terapeutici». La neonata è ricoverata al Queen Medical Center di Nottingham e l’ospedale pediatrico romano ha offerto la possibilità di assisterla, come già aveva fatto in passato per altri minorenni inglesi. Spesso questa lotta, il cui esito oggi in Consiglio dei ministri è frutto di una lunga trattativa silente degli ultimi giorni, non ha portato agli esiti sperati. Il caso più similare a Indi è quello di Charlie Gard, morto il 28 luglio 2017, dopo una lotta tra famiglia e medici del Great Ormond Street Hospital. Anche in quel caso si tentò la richiesta di trasferimento al Bambin Gesù di Roma, invano. Infine un caso similare è quello del piccolo Alfie Evans, affetto da un disturbo neurodegenerativo. Nel 2017 l’ospedale di Liverpool, dove era ricoverato, decise per la sospensione della ventilazione assistita. Inizia una battaglia legale lunga un anno culminata quando, nel 2018, dieci giorni prima della morte avvenuta il 28 aprile, Thomas Evans, il padre del bambino, fu ricevuto in udienza privata a Roma da Papa Francesco. Dopo l’appello del Pontefice Mariella Enoc, presidente dell’ospedale Bambino Gesù, scrisse all’ospedale di Liverpool dicendo che la struttura romana era disposta ad accogliere il bambino. Così come fece anche il Gaslini di Genova, altro centro d’eccellenza per le patologie pediatriche. Il 23 aprile il governo italiano decise di concedere la cittadinanza italiana ad Alfie Evans per motivi umanitari. Ma nello stesso giorno l’ospedale inglese decise di interrompere la ventilazione. Il bambino morì cinque giorni dopo.

(foto Indi Gregory Facebook)

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