L’accusa dell’Ong filo israeliana: alcuni reporter sapevano in anticipo della strage del 7 ottobre. Il Nyt smentisce: «Non ci sono prove»

Un collaboratore di testate e agenzie internazionali ha ripreso i militanti che entravano nel kibbutz Kfar Aza

Il 7 ottobre, giorno dell’attacco di Hamas e Israele, quattro fotografi di Gaza che lavorano per Associated Press e Reuters si trovavano sui luoghi del massacro. Si chiamano Hassan Eslaiah, Yousef Masoud, Ali Mahmud e Hatem Ali e hanno così documentato rapimenti e violenze. Da quando è scoppiato il conflitto, hanno iniziato a collaborare anche il New York Times e la Cnn, due delle testate più prestigiose al mondo. A distanza di oltre un mese, un’Ong filo israeliana ha pubblicato una serie di «indizi» che, di fatto, si sostanziano in un’accusa: alcuni reporter sapevano in anticipo della strage del 7 ottobre. In particolare, l’addebito sarebbe rivolto a Eslaiah. Il Corriere della Sera fa sapere oggi, 10 novembre, che il collaboratore di Cnn e Ap ha catturato le immagini dei militanti di Hamas che entravano nel kibbutz Kfar Aza. E ha postato un video in cui si autoinquadra mentre un carro armato è in fiamme. Ma soprattutto, è protagonista di un filmato in cui si trova in moto dietro a un miliziano. E tiene nella mano sinistra una granata.


Hamas ed Hassan Eslaiah

Nel frattempo è anche emerso uno scatto – che risale al 2020 – in cui è abbracciato al leader Yahya Sinwar. L’ufficio stampa del governo di Israele li ha definiti «complici di crimini contro l’umanità». Il politico israeliano Benny Gantz ha dichiarato: «Se ci sono giornalisti che sapevano dell’attentato, e che hanno scattato foto mentre i bambini venivano massacrati, non sarebbero diversi dai terroristi e la loro punizione dovrebbe essere severa». Reuters e Ap, insieme al New York Times e alla Cnn che hanno usato i loro servizi, hanno replicato che nessuno in redazione era a conoscenza dell’attacco. «Sono accuse sconsiderate che mettono a rischio i nostri giornalisti sul campo, in Israele e a Gaza», ha scritto il Nyt. Mentre l’analista palestinese Muhammad Shehada accusa Israele di voler screditare i reporter. Intanto, Cnn e Ap hanno sospeso la collaborazione con Hassam Eslaiah.


La dura replica del New York Times

«Non ci sono prove a sostegno delle insinuazioni di HonestReporting» contro il fotografo di Gaza, Yousef Masoud. Il quotidiano americano ha smentito la ricostruzione secondo cui alcuni freelance della Striscia sapessero degli attacchi e che fossero «embedded» con i terroristi di Hamas. «False, vaghe e scandalose» sono i termini con i quali il Nyt ha descritto le accuse dell’Ong: «È sconsiderato muoverle, mettendo a rischio i nostri giornalisti sul campo in Israele e a Gaza. Il Times ha ampiamente coperto gli attacchi del 7 ottobre e la guerra con equità, imparzialità e una costante comprensione delle complessità del conflitto. Sebbene Yousef non lavorasse per il Times il giorno dell’attacco, da allora ha svolto un lavoro importante per noi. Non ci sono prove a sostegno delle insinuazioni di Honest Reporting. La nostra analisi del suo lavoro mostra che stava facendo ciò che fanno sempre i fotoreporter durante i principali eventi di cronaca, documentando la tragedia mentre si svolgeva».

Il quotidiano americano è passato poi al contrattacco, paventando il pericolo che l’Ong voglia mettere a tacere la stampa libera: «I fotoreporter freelance che lavorano in aree di conflitto corrono dei pericoli per fornire testimonianze di prima mano e documentare notizie importanti. Questo è il ruolo essenziale della stampa libera in tempo di guerra. Siamo seriamente preoccupati che accuse e minacce non dimostrate nei confronti di liberi professionisti li mettano in pericolo e minino il lavoro che risponde all’interesse pubblico». Il Nyt ha poi pubblicato gli esiti del lavoro di verifica sull’operato di Masoud, la cui prima immagine diffusa di quel 7 ottobre è stata scattata oltre un’ora e mezza dopo l’inizio dell’assalto di Hamas. Masoud in prima persona, poi, aveva dichiarato di essere stato svegliato dal suono di un razzo quel sabato mattina, poco dopo le 5.30, nella sua abitazione nel Sud della Striscia. Dopodiché, è andato al confine con Israele e si è reso conto che la recinzione era stata sfondata. «Se il New York Times può difendere il diritto dei fotoreporter di documentare le atrocità del 7 ottobre, come controllore dei media, abbiamo la responsabilità di mettere in discussione il ruolo svolto dai fotografi quel giorno», è stata la controreplica di Honest Reporting.

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