Cardini sull’urlo antifascista a La Scala: «Una censura cretina, io gridai “Viva il Duce”»

Lo storico medievalista racconta cosa faceva, da loggista, in gioventù. E spiega: «Il problema è che siamo abituati alla deriva del politically correct»

Lo definisce «un fatto surreale e un po’ cretino». Lo storico medievalista Franco Cardini commenta così la vicenda del Teatro La Scala di Milano, quando, alla prima, alcuni agenti della Digos hanno identificato Marco Vizzardelli, l’uomo che ha gridato “viva l’Italia antifascista” dal loggione. Cardini, raffinata mente e a lungo militante del Movimento Sociale, ricorda a Il Fatto Quotidiano quando in gioventù lui stesso ha fatto di peggio. «Mi sembra davvero una esagerazione, forse un eccesso di zelo. Io da giovane ho frequentato spesso i loggioni dei teatri e ho detto cose molto più pesanti. Nettamente peggiori. Ricordo di aver strillato, da ragazzo, “Viva il Duce”. E nessuno mi disse nulla», racconta a Tommaso Rodano. E precisa che «nemmeno un governo autoritario, come quello austriaco in epoca risorgimentale, si sognò di censurare lo slogan “Viva Verdi” (era l’acronimo di Vittorio Emanuele re d’Italia ndr). Il maresciallo Radetsky rideva, sapeva che era opera dei studenti, e non ha mai fermato nessuno». Cardini attribuisce i fatti odierni a una sorta di «isterismo generale». «Il problema è che noi siamo abituati al fatto gravissimo – alla continua riduzione della libertà d’espressione – che deriva dalla cultura del politically correct. Attenzione, lo so bene che stavolta la logica è ribaltata e la censura del pensiero (“Viva l’Italia antifascista”) è operata da “destra”. La radice però è sempre quella: il principio di perseguire chiunque si esprime in maniera diversa dal mainstream», ha sottolineato lo storico. «Siamo un paese con una Costituzione antifascista (anche se il principio è contenuto in una disposizione transitoria riferita alla ricostituzione di uno specifico partito il Pnf): il comportamento della Digos è stato surreale e allo stesso tempo cretino», conclude.


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